Soli, Sotto Le Alpi
La Storia è piena di governanti pervertiti, privi di inibizioni o comunque particolarmente interessati alle delizie del sesso. In una lettera pubblicata due giorni fa da “La Repubblica”, si ipotizza un parallelo tra le vicende di questi giorni – questo triste e patetico bungabunga-gate – e la follia senile dell’imperatore Tiberio, che si manifestò, tra le altre cose, sotto forma di una lussuria sfrenata, violenta e criminale.
È fin troppo facile concludere che, siccome le cose andarono così con Tiberio (che fu da giovane un soldato coraggioso e un amministratore oculato e da vecchio si trasformò in un tiranno), allora anche per Berlusconi la lascivia patologica sia il segno di una più generale indegnità e incapacità di governare. Questo Repubblica lo lascia intendere, senza neanche bisogno di dirlo.
Ma le cose non sono necessariamente così. Per puro caso, rileggevo oggi un noto passo di Niceta Coniata riguardo all’imperatore d’Oriente Manuele Comneno:
Manuele, che era giovane e di temperamento erotico, era dedito a una vita dissoluta e alle mollezze, era attaccato a banchetti e baldorie e si comportava come suggeriva la sua fiorente gioventù e come gli ispiravano gli amori volgari. Era incontinente nei rapporti sessuali e montava molte femmine: di nascosto infilzò empiamente anche un buco consanguineo. Questo fatto era per lui una macchia che lo deturpava e diffondeva disdoro, come una verruca o un’eruzione di vitiligine spuntata da un gradevole aspetto in qualche punto del volto.
E più avanti, parlando della maturità dell’imperatore, lo stesso storico non nasconde i suoi rapporti con la figlia del fratello e lo scandalo che questo provocava a Costantinopoli. Tuttavia, l’apparente assenza di morale, che non si manifestava solo nel sesso, ma anche in un’assoluta fede nell’astrologia e in una dura repressione di complotti veri o presunti, non impedì a Manuele Comneno di diventare uno dei più grandi monarchi della lunga storia di Bisanzio e di garantire ai propri sudditi un prestigio e una prosperità che raramente erano stati toccati prima e mai più sarebbero rivisti dopo la sua morte.
D’altra parte, paragonare l’Italia piccola e para-coloniale di oggi a due dei più importanti Imperi della storia dell’umanità è assurdo, prima ancora che sbagliato. Ma quello che mi interessa è che la perversione e le capacità di governo non si escludono a vicenda, e che il nostro Presidente del Consiglio non è un caso unico né un monstrum; se ne sono visti, di personaggi del genere, e se ne vedranno anche in futuro.
Quello che non si era mai visto prima, a mia memoria, è un capo del governo che, per coprire o gestire meglio le proprie scappatelle, tira in ballo il leader di un paese amico e alleato (“la nipote di Mubarak!“) o addirittura mette in burletta un dittatore non particolarmente spiritoso da cui dipendono però molti interessi italiani (“Il bunga bunga l’ho copiato da Gheddafi!“). Nello stesso tempo, a testimonianza di una continua attenzione verso i fatti del mondo e di una difesa continua degli interessi nazionali, per la scomparsa dell’ex presidente dell’Argentina, di un paese cioè stretto all’Italia da legami fortissimi, non si trova di meglio che spedire due righe ridicole e vagamente insultanti, che svelano semmai la totale ignoranza da parte di Berlusconi delle forme e della sostanza della diplomazia.
Perché il problema vero è questo: non che viviamo in un Paese unico – non è vero, ma soprattutto non me ne frega nulla – ma che viviamo in un Paese isolato e chiuso, una sorta di accampamento di tende in mezzo al deserto, in cui le carovane passano ormai solo per errore; un Paese in cui al Governo non pare strano tirare in ballo nelle barzellette stati vicini e alleati, le cui ritorsioni costerebbero a tutti noi miliardi di euro, oltre a quel poco di credibilità come potenza mediterranea rimasta dai tempi di Mattei.
E mi colpisce amaramente che anche buona parte dell’opposizione mediatica non veda che la questione non è nelle strane leggi vigenti in questo sultanato di cartone, bensì nella distanza spaventosa e crescente che ci separa dal resto del mondo, e nel fatto che del resto del mondo paia non interessare più nulla a nessuno.
#1
Ted
Seppur condivisibile in molti punti, stavolta mi sei parso un po’ disorganico, monamì