Le Rovesciate Di Chollima
Ci sono due modi di guardare ai paesi socialisti e alle loro realizzazioni passate e, per quel poco che ne rimane, attuali: non volendo fare graduatorie di merito, definirò il primo “storico” e il secondo “antistorico”. Quest’ultimo consiste nel trattare l’ideologia socialista come una curiosità da Wunderkammer o da parco a tema: è l’approccio che normalmente i turisti occidentali adottano nel visitare le vestigia del Patto di Varsavia, e conseguentemente è anche il modo di presentare le cose che si ritrova a Berlino, a Budapest, a Praga e in ogni altro luogo dove della passata e sconfitta epoca socialista si possa fare un business, per quanto minimo. In questo modo tutto ciò che attiene ai regimi comunisti è, se non proprio messo in ridicolo, guardato in tralice, con divertito distacco.
Questo atteggiamento è antistorico perché, con un evidente anacronismo, giudica le istituzioni, le politiche, perfino l’urbanistica e l’arte, insomma tutta la “civiltà socialista”, come se questa fosse stata già dall’inizio destinata alla sconfitta, e dunque come espressioni di un mondo tutto sommato minore o predestinato alla dannazione. Nel peggiore dei casi ciò genera valutazioni sprezzanti, discriminatorie e inaccettabili; nel migliore, dà vita a un fastidioso paternalismo e a un approccio ironico verso cose serissime.
Marco Bagozzi, nel suo “Con lo spirito Chollima1”, sceglie invece l’approccio storico: anche se quello trattato è un aspetto certamente secondario di un paese socialista (in questo caso la Corea del Nord), pure nell’opera non c’è traccia di pregiudizio sarcastico o sorridente. Il libro descrive in pratica, con l’ausilio anche di una meravigliosa appendice fotografica e con un paio di interessanti divagazioni (lo sport nello sforzo di riunificazione delle due Coree, l’esperienza di un allenatore nordcoreano a Cuba), “55 anni di calcio della Repubblica Popolare Democratica di Corea”, come recita il sottotitolo. Tutto è oggettivo e brutalmente statistico, in quest’opera che in effetti ha più a che fare con la manualistica sportiva che con l’analisi politica. E d’altronde quest’ultima ambizione non è dichiarata né sottintesa: quello che si mostra è una semplice successione di nomi e cifre, che dev’essere costata un’indagine lunga e difficile e, ora sì, pregiudiziale.
Dico “pregiudiziale” perché non ci si accosta a un argomento tanto difficile e assieme marginale se non si è animati dal sacro fuoco di una passione pre-esistente; ma ogni storico sa che il miglior modo per dimostrare rispetto e amore a un pezzo di storia umana è non inquinarlo con interpretazioni di parte e esaltazioni fuori luogo. Mettere in luce una verità nascosta è invece il modo migliore per omaggiare un’esperienza e una storia; Bagozzi – collaboratore della rivista di studi geopolitici Eurasia e anima dell’imperdibile blog Chollima Football Fans – queste cose le sa, e dalla sua penna volutamente avara di divagazioni il calcio nordcoreano si mostra davanti ai nostri occhi nudo, onesto, vero.
Il valore di questa crudezza, a mio parere, è duplice: da un lato gli appassionati di calcio possono conoscere una realtà lontana, sconosciuta o peggio misconosciuta, senza giudizi invasivi e senza che qualcuno li guidi, non richiesto, su percorsi determinati; dall’altro lato, in questa nudità ascetica, appare evidente la grandezza e l’importanza degli eroi dello sport nordcoreano, anche e soprattutto quando – come in questo caso – si è lontani da ogni celebrazione retorica e di parte.
I calciatori nordcoreani sono per noi degli alieni, e la loro realtà è quanto di più lontana dallo stereotipo europeo della loro professione. Divisi come sono tra una militanza e valenza nazionale e politica inevitabile per un atleta socialista e una pratica del calcio come sport socialista per eccellenza (per le sue caratteristiche di sforzo collettivo e di gioco di squadra), essi somigliano a certi rivoluzionari europei di un tempo: ma non a quelli delle rivolte comuniste, bensì a quelli cinquecenteschi, in cui convivevano la lotta terrena e la rincorsa al cielo. Se Thomas Müntzer avesse conosciuto il calcio (sport che avrebbe apprezzato molto, proprio perché è insieme fango e gloria), d’altronde, non ho dubbi che si sarebbe commosso davanti alle lacrime di Jong Tae-Se…
Ai lettori sta invece di apprezzare l’opera di Bagozzi, avvicinandosi a essa senza risatine e senza ideologie; un po’ come gli abitanti di Middlesbrough impararono ad apprezzare i calciatori della Corea del Nord che nel 1966 si allenò e giocò sul terreno dell’Ayresome Park, dove i coreani batterono l’Italia di Bulgarelli, Rivera e Facchetti, fino a seguirli in 3.000 al Goodison Park di Liverpool per sostenerli nell’assurdo e sfortunato quarto di finale contro il Portogallo2. Perché, come insegna questo libro, ci si può effettivamente innamorare di uomini e atleti che in condizioni spesso difficili onorano il proprio sport e la propria bandiera; e per farlo non c’è bisogno di essere faziosi o fanatici, ma solo di nutrire rispetto per chi, quel rispetto, l’ha meritato sul campo di gioco.
(Il libro di Marco Bagozzi, “Con lo spirito Chollima”, è acquistabile su “Chollima Football Fans“.)
(Illustrazione: Deviantart)
- Chollima è il cavallo alato della mitologia coreana, utilizzato anche dalla propaganda socialista della Corea del Nord come simbolo di eroismo e di prodigioso valore. È inoltre il soprannome della squadra di calcio nazionale. [↩]
- La spedizione nordcoreana ai mondiali del 1966 è peraltro raccontata nell’ottimo documentario inglese “The game of their lives“, visionabile su YouTube. [↩]
#1
lo zio di holloway
Grande! complimenti dall’Urss (Unione Recupero Storiografia Sincronica)