Kamerad, Komm Tanz Mit Mir
(Il Dott. Barbie augura a tutti un distinto Natale ed uno spettabile anno nuovo e ci lascia una lucida – si fa per dire – testimonianza di un episodio della sua prima giovinezza. Tutte le foto sono prese da qui. Ci rivedremo l’anno prossimo!!1)
ALLEGRO
L’esplosione contenuta di colori, odori e sensazioni faceva da sfondo alla primavera del 1945, che marciava inesorabile come l’Armata Rossa, ormai in procinto di sfondare definitivamente il fronte occidentale. Tuttavia, c’era ancora il tempo di organizzare battute di caccia nel bosco limitrofo al castello di Reichpolis, in Austria, presso il quale mi trovavo ospite.
Io facevo parte dei battitori. Con me c’erano Jorg Köstring, funzionario della Blumengas e fervente membro del Partito, e la Contessa von Blumen, padrona putativa del castello – in realtà requisito all’inizio della guerra dalle SS ed adibito a base operativa/bordello/grande dimora di feste orgiastiche al limite del delirio: le cose che all’epoca andavano per la maggiore, nella fase finale del nazionalsocialismo.
Köstring aveva due splendidi Kurzhaar che avevano fiuto per un particolare tipo di selvaggina: gli ebrei. In effetti non era una caccia al cinghiale, era una caccia all’ebreo. La recentissima Einsatz progettata dal comando supremo delle SS prevedeva il prelevamento dall’Ungheria di migliaia di ebrei che sarebbero poi serviti a costruire l’Ostwall, il muro deputato a fermare i sovietici. C’erano state, tuttavia, grosse difficoltà nel trasbordo: i collegamenti ferroviari erano ormai fuori uso, quindi le migliaia di ebrei hanno dovuto marciare dall’Ungheria all’Austria in condizioni proibitive. Molti morirono nel tragitto, e quelli arrivati a destinazione (circa 600) erano completamente debilitati, se non malati terminali – praticamente quasi inservibili nella costruzione del muro. Poco male: li avremmo utilizzati in maniera diversa.
I cinghiali, tendenzialmente, hanno due reazioni: o stanno acquattati in attesa che il cacciatore si allontani, oppure, al minimo sentore di minaccia, cominciano a scappare all’impazzata. Ma gli ebrei ne hanno una sola. Inseguiti da cani feroci e accerchiati da estranei ostili in un bosco sconosciuto non fanno altro che alzarsi da terra, gridare disperatamente e finire impallinati dai fucili da caccia nella loro ultima, scoordinata corsa verso la fine.
Dopo averne trucidati cinque ci avviammo tutti quanti verso il castello, all’imbrunire, il sole scarlatto che andava a tratteggiare le forme degli alberi, il tappeto sonoro naturale esaltato dalla brezza flautata che accarezzava gli arbusti timidamente in fiore, accompagnato dallo scalpiccio degli stivali, dal crepitio delle ultime foglie secche e dei rami che si spezzavano al nostro passaggio.
Sapevo per certo che la Contessa si scopava sia Köstring che Heinrich Porr (Oberstleutnant della Gestapo locale) – ma nella maniera canonica. Con me aveva un rapporto più “particolare”: amava ricoprirsi di cuoio e lattice, farsi frustare e penetrare analmente con inusitata violenza nel bollente perimetro del suo letto a baldacchino; bramava tastare e schiaffeggiare le mie parti basse (alla ricerca dell’intima essenza del Nazismo, credo) con le sue mani così sottili, così diafane e così irrigate dalle vene verdognole; adorava versarmi la cera calda nei testicoli, farmi venire e poi saggiare il sapore di quel miscuglio bruciacchiato di liquidi. “Oh, Barbie, Obersturmbannführer Barbie…” mi diceva alla fine di ogni Anschluss, esausta e svuotata di ogni energia.
Così facemmo, infatti, nella penombra della sua camera da letto, prima di entrare trionfalmente nella maestosa hall dei ricevimenti, una Nazione di due persone che cercava sostentamento reciproco nella sadica depravazione dovuta all’imminente Götterdämmerung.
L’oscurità, intanto, aveva inghiottito Reichpolis, puramente e semplicemente.
Condividi
Drop the Hate / Commenti (11)
#2
McLaud
Seguo da diverso tempo “La privata repubblica” e ho sempre apprezzato molto la grande cura riposta nello stile e nei contenuti dei vari post. In particolare ho sempre amato l’inversione con cui, prendendo le parti dei bersagli della satira, si presentano i fatti caricandoli con una geniale ironia paradossale.
Bene, ora arriva il “ma”: mentre il primo post in cui si parlava di Blicero si poteva intendere come un colto riferimento (con relativo “calco” stilistico) a Pynchon per denunciare gli orrori di un secolo di guerre, qui pare di essere di fronte ad un mero esercizio di stile.
La riproduzione degli ambienti, delle depravazioni sessuali e morali dei decadenti gerarchi nazisti (infiorata qua e là di qualche riferimento colto e di pseudo-storia pynchoniana) all’esito sembra un pamphlet ottenuto incrociando la propaganda alleata post-bellica, qualche puntata dell’atroce programma paradocumentaristico Voyager e alcune sequenze dei film di Indiana Jones.
Il regime nazista ha compiuto atrocità ben al di là delle leziose (e nient’affatto “nuove”) descrizioni da grand guignol che sono fatte in quest’ultimo post. Mi spiace, ma anche a voler concedere che si tratti di un climax di efferatezze elaborato di proposito per alimentare il (giusto) raccapriccio verso il nazismo, lo trovo privo di valore.
Sono abbastanza accorto da non ritenere che ci sia qualche intento apologetico in questo scritto, né credo che debba essere presente una qualsivoglia catarsi per liberare il lettore dall’artefatta depravazione che esso ostenta.
Tuttavia, e senza voler innescare inutili polemiche, vorrei sapere quale sia stata l’intenzione che ha spinto ad inserire nel blog un post di questo genere.
#5
andrea poulain
sembra un film dell’orrore..
immensa tristezza nel sapere che certe cose possono essere successe veramente..brutta bestia l’uomo..
#6
McLaud
Ho letto la notizia che hai inserito nel link e mi stupisco che abbia preso a riferimento il racconto fatto da un editore (Litchfield) di riviste scandalistiche, peraltro vivacemente criticato da storici seri ( http://www.spiegel.de/international/germany/0,1518,512869,00.html ).
Stragi di massa di ebrei hanno avuto frequentemente luogo al di fuori dei campi di concentramento; in particolare, gli ebrei deportati per la costruzione dell’Ostwall sono stati spesso vittime non solo delle truppe naziste, ma anche delle popolazioni locali, il cui pregiudizio antisemita era sempre stato presente ed anche ulteriormente alimentato dal regime. Numerosi eccidi possono ascriversi agli uni o agli altri e sono narrati da studiosi che certamente non ambiscono a notorietà e denaro, come l’autore della biografia non autorizzata dei Thyssen. Dello strettissimo collegamento di questi ultimi col regime nazista non c’è poi nemmeno bisogno di parlare.
Probabilmente, si può rendere il giusto omaggio alla memoria delle vittime della follia nazista senza bisogno di evocare festini ed orge macabramente sovraccarichi, ed io mi astengo dal giudizio morale su uno scritto che è volutamente orientato a descrivere intense brutalità caricandole graficamente, come un fumetto di Miller & co.
Tuttavia, mi pare giusto segnalare che ben altri sono gli orrori nazisti e che non bisognerebbe dare troppo credito ad un paparazzo in cerca di pubblicità.
Con invariata stima.
#7
harlot
> mi stupisco che abbia preso a riferimento
Oh noes, non stupirti!11! Mica dico che è vero: è un racconto; è finzione che prende spunto da un fatto che non si sa se sia avvenuto o meno. Nessuno da credito ad un paparazzo in cerca di pubblicità, stai tranquillo.
Detto ciò, mi aveva colpito proprio l’ipotesi che un tale massacro fosse stata una sorta di protesi ad una della “marce della morte” che avvenivano verso la fine della guerra. Ne “I volonterosi carnefici di Hitler” Goldhagen parla di 3 tipi di carnefici: i battaglioni di polizia, i funzionari dei lager e i responsabili/guardie nelle marce della morte, ovvero “l’analogo deambulatorio dei carri bestiame”. Goldhagen si sofferma particolarmente sulla brutalità irrazionale, gratuita ed insensata delle guardie.
Ecco, e se si aggiungese un’altra sotto (o super) categoria a questa terza tipologia di carnefici? E se ci fossero degli ufficiali che raccolgono quel che rimane delle marce della morte e lo finiscono insensatamente, ancora più atrocemente, per giunta sotto effetto di alcolici e di droghe, estremamente eccitati e infervorati?
Nel racconto c’è un riferimento alla lebensunwertes Leben, cioè la vita senza dignità di vita, concetto aberrante elaborato negli anni 20 e poi estremizzato dal nazismo. Lo psicologo Jay Lifton parla di teoria che si svolge in 5 passi, l’ultimo dei quali è il massacro indiscriminato dentro e fuori i campi. E un massacro nato motu proprio, quasi autogeneratosi, dentro un castello dove si colloca?
Nel commento precedente avevi parlato di “pamphlet ottenuto incrociando la propaganda alleata post-bellica, qualche puntata dell’atroce programma paradocumentaristico Voyager e alcune sequenze dei film di Indiana Jones” e poi di Miller. No. L’ambientazione non è da graphic novel, è piuttosto ispirata da la “Caduta degli Dei” di Visconti.
Tutto il racconto sta tra il grottesco, con venature macabre, e l’umido (ci sono fluidi corporali e non di ogni tipo) – quest’ultimo è concetto elaborato da Klaus Theweleit in “Virili fantasie” e ripreso da Littell ne “Le Benevole” e nel breve saggio “Il secco e l’umido”, che è una sorta di appendice al romanzo. In poche parole, per Theweleit il risentimento e l’odio nazista nascono dal terrore e dalla ripulsione per la vischiosità, per la fluidità dell’esistenza – da qui il desiderio di annientare tutto ciò che è femmineo e liquido (negli anni 20 i bolscevichi, poi gli ebrei).
Sempre Theweleit scrive: “Il fascismo permette alle masse di dare espressione alle pulsioni represse, ai desideri racchiusi”, promettendo così all’uomo “il ricongiungimento delle parti ostili a condizioni sopportabili, il dominio dell’uomo sul ‘femminile’ ostile dentro di sé”. Appunto.
Per concludere:
> mi pare giusto segnalare che ben altri sono gli orrori nazisti
Certo. L’opera definitiva sugli orrori nazisti l’ha fatta il grande Claude Lanzmann (“Shoah”). Che però, riferendosi all’opera di Littell, dice una cosa (“I carnefici non parlano affatto”) che Theweleit stigmatizza: “È vero, i carnefici si sono rifiutati di parlare di fronte alla sua telecamera. Ma tra loro hanno sempre parlato”.
E non sempre erano belle cose quelle che si dicevano.
#8
McLaud
Grazie per la risposta, non mi aspettavo di meno da te.
E’ certo che non hai mai sostenuto che fosse vero quanto affermato da Litchfield: mi aveva solo colpito che avessi preso spunti da quel dubbio episodio. Peraltro, le mie inclinazioni letterarie non mi hanno consentito di cogliere i riferimenti da te indicati, tranne quelli che ho già menzionato in precedenza.
Il mio giudizio è stato solo estetico, d’altronde che questo post – come gli altri da te scritti – fosse molto “lavorato” era più che evidente.
Mi permetto di aggiungere che la teoria del “lebensunwertes Leben” può essersi sviluppata solo in un contesto sociale estremamente deviato e condizionato; un contesto in cui il vincolo del müssen è talmente irresistibile da ottundere ed infine schiacciare il “pensiero alternativo” e da rappresentare altresì, quasi spontaneamente, l’unica difesa di chi si è macchiato delle peggiori atrocità: l’obbedienza agli ordini, anche se non è sufficiente a garantire la sanità mentale degli esecutori, è comunque idonea a mantenerne immacolate le coscienze.
A Norimberga è stato uno degli argomenti più ricorrenti ed anche Eichmann se n’è valso…ciononostante, si può disobbedire ad un ordine criminale e questo è un principio giuridico comune a moltissimi ordinamenti.
Non solo, anche sul piano sociale in molti regimi totalitaristi la disobbedienza è (o è stata) pratica costante e diffusa. Il mio più vero e profondo stupore, quindi, risiede nel constatare quanto poche siano state le “disobbedienze” o le “defezioni” note nel regime nazista.
Non posso e non voglio ulteriormente disturbarti, ma assai sinteticamente convengo con la Arendt sul fatto che la vera psicosi (al di là delle efferatezze “occasionali” che hai immaginato e che forse si sono pure potute verificare) è stata raggiunta attraverso la banalizzazione del male: un’intera società è stata immersa a tal punto in esso attraverso il legame del müssen da non riuscire più a discernere l’ordinario dall’atroce.
#9
McLaud
Mi accorgo solo ora di un errore, all’ultimo rigo intendevo dire: “l’atroce nell’ordinario”.
#11
McLaud
Sì, d’altronde faccio poco per nasconderlo…anche se prima ho parlato di “müssen” in un’accezione ed in un contesto assolutamente diversi da quelli kelseniani.
Più che altro mi riferivo alla dicotomia linguistica dei verbi implicanti il concetto di “dovere” in tedesco ed a quanto profondamente questa bipartizione sia radicata in quella cultura ed in quella società, senza contare l’intenso sentimento di appartenenza comunitaria che per esperienza personale ho potuto riscontrare in Germania.
Ah, naturalmente appoggio l’iniziativa di sostegno a favore dei fiancheggiatori di ogni mafia, il cui sforzo per la disgregazione di ogni principio di convivenza civile e democratica è troppo spesso ignorato. Ti ringrazio per aver finalmente portato alla luce la loro anonima battaglia…facciamoli sognare!
#1
prefe
mi suggerirono la nascita del genere musicale Industrial. Curioso, no?
–
mondiale!
MA nell’ultima foto non sarà mica un negro quello che suona la fisarmonica?
…
Spero…