Inglourious Rabbis

Pubblicato da Blicero il 19.09.2010

Avete mai avuto perplessità nell’uccidere non-ebrei? Vi si è mai stretto il cuore, pensando di essere dalla parte sbagliata, mentre scaricavate il caricatore sugli infedeli? Niente paura: in Israele è uscito un pratico manuale (seconda edizione, riveduto e corretto) che dovrebbe spazzare via ogni tipo di riserva morale, almeno stando alle intenzioni dell’autore, il rabbino Yitzhak Shapira.

“I Non-Ebrei sono crudeli di natura e dovrebbero essere uccisi per stroncare le loro inclinazioni malvagie” si legge, tra le altre cose, nel libro che ogni teocrate fanatico/guerrafondaio dovrebbe tenere sul suo comodino – la perfetta lettura dopo aver rimboccato le coperte ai propri figli, preparato un attentato dimostrativo e baciato la propria moglie. Proponendo un’interpretazione decisamente estremistica della legge ebraica, Shapira arriva addirittura a giustificare l’uccisione di bambini innocenti, qualora “risulti evidente che questi crescano per farci del male […], per diventare persone spregevoli come i loro genitori”.

Naturalmente non è molto saggio aggirarsi nelle librerie di Tel Aviv o Gerusalemme e chiedere una copia dell’opera, a meno di non voler scambiare due parole con la Shabak (il servizio segreto interno). Il Torat Ha’Melech (“La Torah del Re”, questo il nome dello scritto in questione) ha infatti portato all’arresto di Shapira e alla perquisizione dell’Od Yosef Chai Yeshiva (nella colonia di Yitzhar situata nella West Bank), il centro studi in cui lavora il rabbino. Quest’ultimo non è nuovo a problemi con le forze dell’ordine israeliane: nel 2006 viene arrestato una prima volta per aver incitato l’espulsione e l’uccisione di tutti i maschi palestinesi sopra i 13 anni; nel gennaio del 2009 c’è il secondo arresto, e la susseguente scarcerazione, in quanto sospettato di coinvolgimento diretto in un attentato incediario alla moschea del villaggio di Yasuf. Mentre Shapira si trovava in prigione altri due influenti rabbini, Dov Lior and Yaakov Yosef (che hanno difeso il libro sin dalla prima pubblicazione), rifiutavano di comparire davanti alla polizia per un interrogatorio – una decisione inaudita, arrogante ed in spregio totale alle legge statale.

Il libro di Shapira, tuttavia, non è che l’ultima, cruda manifestazione di una realtà di fanatismo (spesso e volentieri razzista) che ribolle rabbiosamente all’ombra del governo guidato da Benjamin Netanyahu, il premier che non ha ancora pubblicamente criticato il Torat Ha’Melech. La cosa, per quanto imbarazzante, non è per nulla sorprendente. Per cominciare, secondo il quotidiano progressista Haaretz la yeshiva in cui insegna Shapira avrebbe ricevuto dal ministero dell’istruzione, nell’anno 2006-2007, finanziamenti per oltre un milione di shekel (poco più di 200mila euro) e dal 2007 il ministero degli affari sociali verserebbe un fisso annuale di 150mila shekel (circa tremila euro). La potenza di questi gruppi religiosi si è inoltre palesata in tutta la sua evidenza la scorso giugno, quando una folla di 80mila ebrei ultra-ortodossi è sfilata per le strade di Gerusalemme e Bnei Brak (nei pressi di Tel Aviv) per manifestare contro quelle che loro considerano ingerenze della Suprema Corte sugli affari religiosi.

Nella frammentata coalizione di Netanyahu, infine, la destra religiosa nazionalista ha un discreto peso e attaccare o disconoscere dei rabbini senza gloria comprometterebbe non poco la base politica su cui si fonda l’attuale governo – sarebbe dunque un vero e proprio suicidio politico, specialmente per quanto attiene l’atteggiamento del premier e del Likud nei confronti della questione coloniale nella West Bank. Il recente rilancio dei  negoziati di pace (che, per dirla con lo scomparso scrittore Edward Said, sono il primo ostacolo alla pace) non può certo far dimenticare quello che disse Netanyahu lo scorso gennaio, quando rivendicò “per l’eternità” quelle aree, causando l’ennesima ondata di angoscia e risentimento tra i palestinesi. È pertanto pressochè impossibile per questo governo non inciampare in quel fil rouge teso a mezz’aria tra l’aberrante Torat Ha’Melech, un tipo intimamente violento di rabbinato e gli insediamenti dei coloni israeliani. Perché entrambe le questioni, l’uccisione di non-ebrei e l’occupazione di terre altrui, secondo certi rabbini derivano dalla stessa fonte: la legge ebraica.

Circa 30 anni fa venne coniato questo detto ebraico: “Medinat halakha – halkha hamedina”, che più o meno dice che se Israele diventa uno stato governato esclusivamente dalla legge ebraica, quella sarà la fine dello Stato.

La fine è vicina? Per Yossi Sarid, editorialista di Haaretz ed ex deputato della Knesset, ci sono pochi dubbi: “Sta arrivando”.

(Foto: The Big Picture)

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