Vita E Sottosuolo

Pubblicato da Tamas il 14.09.2010

Dato che viviamo ormai da diversi decenni nella società dell’immagine, e dovremmo perciò conoscerla bene, pare superfluo ricordare che questa espressione è valida in due significati: sia nel senso che una buona immagine garantisce popolarità, favore e consenso, sia in quello che l’immagine che una società produce di se stessa dice più di duemila parole su quale sia la sua autopercezione e il suo stato di salute.

È illuminante, per capire la Russia di oggi, l’analisi di due curiosi video musicali prodotti a mo’ di spot e di autocelebrazione dai giganti energetici Gazprom (che si occupa di estrazione e distribuzione del gas) e Lukoil (ritenuta la seconda compagnia petrolifera al mondo per vastità di risorse controllate).

Va subito chiarito che queste due pubblicità, per la loro stessa etica-estetica, per gli ideali che sottintendono, non sarebbero state possibili né soprattutto credibili in epoca jeltsiniana; parlano dunque della nuova Russia putiniana1, ma recuperano molto anche da un immaginario decisamente risalente.

Partiamo dal filmato di Gazprom. Fin dai primi fotogrammi è evidente il tono trionfalistico e retorico della pubblicità, coniugato, nonostante le apparenze, ad uno stile più “moderno” e occidentale: se le immagini che scorrono sono quelle della Russia infinita e bianca e delle sue steppe e dei suoi cieli ugualmente piani (“La terra e il cielo si sono guardati per tanto di quel tempo, in quei luoghi, da somigliarsi come si somigliano marito e moglie dopo una vita insieme…2 “), le liriche – molto poco ispirate – promettono “caldo e luce per la casa e l’ufficio”, giungendo anche a ricordare la necessità di lavorare dall’alba al tramonto, nei giorni feriali e in quelli festivi.

E che Russia è mai questa? Semplice: è la nuova Russia (legata tuttavia anch’essa ad un sogno antico, quello di Pietro il Grande), che attraverso il Baltico torna in Europa, comperando l’amicizia e la complicità della Germania, ma che in cambio si ammanta di un’etica weberiana che suona posticcia. Se questo è il succo della canzone e della strategia di Gazprom, l’allegro e orecchiabile ritornello che invita a bere, da buoni slavi, appare folcloristico; allo stesso modo, è folclore anche il balletto abbozzato dai calciatori della squadra direttamente posseduta dalla Gazprom, che è per la cronaca l’FC Soyuz Gazprom di Iževsk, compagine attualmente militante nella terza serie russa. Però, a ben vedere, sulle tribune si nota un compuntissimo Putin; e allora il pensiero va alla città di quest’ultimo, San Pietroburgo, e al suo Zenit che anche grazie ai soldi dello sponsor Gazprom riesce da anni a mettere in campo squadre di valore, in grado solo due anni fa di piegare il Manchester Utd e portare in Russia, sulle rive del Baltico da cui parte ogni espansione verso il continente, la Supercoppa Europea.

Sempre per restare in tema calcistico, quest’anno Gazprom sponsorizza anche una delle squadre più amate di Germania, lo Schalke 043: un altro piccolo segnale di penetrazione vincente nel cuore della UE (e della Nato).

Nella retorica ultramoderna del video c’è tuttavia un qualcosa di autenticamente russo: è il sole, il nuovo sole che viene estratto (si mostrano i macchinari, senza porre l’accento sulle persone) dalle viscere della Terra. Ma quella terra che contiene calore e energia è necessariamente la Siberia, e dunque il nuovo Sole sorge da Est: la Russia trionfante spezza con la potenza del suo grande Oriente i raggi sacrileghi e contronatura che tante volte l’hanno minacciata da Ovest: pensiamo al Sonnenrad nazista, frantumato davanti a Mosca dalle divisioni siberiane, ma anche all’idea ricorrente, che oggi si ammanta di democrazia e diritti umani, di chi vuole sigillare la Russia dietro un nuovo cordone sanitario. Quello che Gazprom ci mostra, nella pubblicità e nei fatti, lascia credere in effetti che sarà molto difficile tenere in gabbia il sole caldo e multimiliardario che si estrae dalla taiga infinita.

Molto più “russo” è invece il video di Lukoil (che è una compagnia privata): non devono trarre in inganno i suoi toni intimistici, che non hanno nulla a che fare con l’intimismo menandreo-terenziano, o comunque da rammolliti, che abbiamo in mente noi mediterranei.

Quell’intimismo non è la fuga dell’individuo della società; tutt’altro, esso è la confidenza momentanea del pioniere, è il rapido scambio di battute di due lavoratori. La piccolezza dell’uomo non indaga se stessa, qui; serve invece a far risaltare per contrasto l’enormità della natura russa, e l’eroismo di chi la sfida e la ingabbia. I lavoratori del petrolio sono una comunità ristretta di eroi, appunto, una fratellanza virile4 di stampo juengeriano: qui l’estetica sconfina nell’epica, nella lotta dell’uomo minuscolo e immenso, perduto – parafrasando appunto lo scrittore tedesco – nelle tempeste di ghiaccio. E si è “gli uomini più felici della terra, quando in una nuova zona di trivellazione danziamo tra gli zampilli del primo petrolio”: se non è superomismo questo…

Ma quella comunità ristretta, con il suo maschilismo schietto, è in fondo tutta la Russia, perché la Russia è la lotta dell’uomo di fronte ad natura possente (dunque il curioso paradosso, o forse no, di un superomismo al servizio della comunità). Da qui, ancora da Est, proviene perciò il peculiare nazionalismo russo, che riesce ad essere imperiale e onnicomprensivo pur restando nazionale, giacché si lega alla terra e non ad una razza; e sull’infinita terra russa, come nel video, c’è posto per gli slavi e i mongoli (una spolverata di eurasismo, a quelle latitudini, non fa mai male).

Il petrolio è “allegro, nero e giovane”: allegro, come la Russia che vuole uscire da un’umiliazione più che decennale; nero, come il suo poeta nazionale, Puškin; giovane, perché la Russia spera di invertire la tragica tendenza al declino demografico riscoprendosi popolo nuovo, appena arrivato alla ribalta della storia, e ancora voglioso di recitare un ruolo di primo piano. Quello che, forse, sarà garantito al popolo russo nei decenni a venire dalla ricchezza infinita nascosta sotto le sue steppe gelate e garantita dal lavoro solitario dei suoi eroi dispersi nei deserti di ghiaccio.

E’ forse a questo che si devono i miraggi: il confine tra l’aria e la terra, tra l’acqua e le terre salmastre è sottilissimo. Basta l’estro di un cervello assetato, un guizzo del pensiero, perché il mondo si consolidi in modo diverso, e allora l’aria afosa diventa pietra slanciata e azzurra, la terra scabra si intesse di acqua placida, i palmeti si allungano fino all’orizzonte, e i raggi di un sole tremendo, devastante, si mescolano ai nugoli della polvere e si trasformano nelle cupole dorate di templi e palazzi… Perché l’uomo crea il mondo dei suoi desideri, quando è stremato.5

  1. O meglio, dei siloviki. []
  2. Vasilij Grossman, “Vita e destino“. []
  3. Solo a titolo di curiosità, Adolf Hitler era un acceso sostenitore della squadra di Gelsenkirchen. []
  4. Tutte le società chiuse tendono a chiamarsi fratellenze; ma questo dato di fatto non  è un’evidenza massonica né un ammiccamento al complottismo. []
  5. Sempre “Vita e destino“. []

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Drop the Hate / Commenti (1)

#1

Debord
Rilasciato il 14.09.10

il vero è un momento del falso

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