Tutti I Fascioclericali Sfatti E Decrepiti
“Corriere della Sera, buonasera. Mi dica.”
“Oh, buonasera a voi! Sa, sono una vecchia signora di Cisternino molto sola, cercavo qualcuno con cui parlare…Ieri la mia nipotina di 42 anni mi ha confidato una cosa terribile…sa, veramente terribile, signora, che lei non s’immagina. ‘Nonna, devo confidarti un segreto. Una volta un mio amico a 23 anni ha fumato uno spinello a 20km di distanza da me’. Mi ha detto così, proprio così, e non sa quanto il salvavita abbia cominciato a fare baccano, sa io proprio la droga, è una cosa che mi spaventa ma guardi, più della guerra e di Michele Misseri! E sa cosa fa adesso questo ragazzo? Scrive su una rivista musicale…È una vergogna, non trova? Sa, quando c’era stata la guerra dell’oppio in Cina io ero lì…”
“Le passo il dott. prof. Alberoni signora. Arrivederci.”
Il Prode Editorialista D’Antan passò la nottata ad ascoltare le innumerevoli voci di sdegno che si levavano da tutta Italia. Cataratte, figli con alle spalle tre divorzi, nipoti che non riescono a laurearsi, preti “che non sono più come quelli di una volta”, complicazioni atriali, Amy Winehouse. La corruzione morale del costume occidentale di cui Elvis Presley è il principale fautore. Per non parlare dei negri. Il quadro generale era sconvolgente. Da mozzare il fiato, già corto di per sé. Sapeva di dover fare qualcosa. L’accorato editoriale era lì, che urlava e graffiava alla porte della sua coscienza. Tutto si teneva, tutto si poteva ricondurre alla causa prima, al motore immobile che attanagliava le vite e le speranze della generazione over-80 di fascioclericali e democristiani impenitenti e cripto-craxiani che costituiva il suo bacino d’utenza privilegiato: la droga.
Alberoni estrasse dal suo scrigno di Lipsia del XVIII secolo la macchina da scrivere comprata nella Repubblica di Weimar, quella volta che aveva fatto l’interrail come premio per la maturità. Non poteva deluderli, non questa volta. Troppo sangue era scorso a causa della droga. Il sonno degli impasticcati aveva generato troppi Giovanardi. Le traiettorie delle sue dita andavano a disegnare una trama elegante e concisa per fermare la decadenza d’importazione yankee. Jim Morrison, Janis Joplin, Sid Vicious, il Club 27, Heather Parisi. Angeli della dissipazione dalle ali tempestate di scabbia che hanno sfasciato con le loro infernali liriche e con le loro dionisiache ballate la Buona Morale Europea scolpita nel tempo dai gloriosi glossatori del Corpus Iuris Civilis.
Avrebbe messo a confronto Puccini con Syd Barrett. Il coro della parrocchia di San Michele delle Badesse con Jimi Hendrix. Modugno e Battisti con i Led Zeppelin e i King Crimson. Il margine di errore era minimo, irrisorio. I bassi istinti reazionari solleticati come solo una siringa carica di eroina poteva solleticare le vene dei piedi di Burroughs a Tangeri. Avrebbe infilato, ad un certo punto, l’espressione “esperienze parossistiche possibili solo con la droga“, una frase che non voleva dire un emerito cazzo ma che avrebbe accompagnato sin nella tomba l’immaginario di novantenni in catalessi. Immaginava la nonna di Grumello del Monte sventolare in faccia al nipote la prima pagina del Quotidiano Più Importante d’Italia, ed esclamare in preda al panico e ai pregiudizi “hai visto cosa dice l’Alberoni, Fabio? Che la droga provoca esperienze parossistiche!”, mentre il nipote sarebbe immediatamente sfrecciato in bagno a gettare la boccetta di popper e ad iscriversi a Comunione e Liberazione.
Poi avrebbe denunciato i “droga party”, unendoli senza un apparente senso logico alla controcultura degli anni ’60-’70. Si sarebbe prodotto in un doloroso tuffo nel passato, nelle buone cose di pessimo gusto che erano le relazioni sociali, quelle vere, quelle serie, spazzate via dalla totentanz dell’eroina e delle fanzine punk. Pensava: “Chi, negli anni ’80, tornando da lavoro, non ha mai trovato un figlio con un arto in cancrena?” Nessuno, davvero. Nessuno.
Il colpo di grazia sarebbe arrivato a 3/4 del pezzo. Una profezia lugubre. Un verrà il giorno manzonian-scelbiano. Un senso di morte e disperazione da fine vita. Buste delle nonne con dentro 100€ per il 24 strappato con i denti a Diritto della Navigazione, e il drammatico appello: non usarli per ascoltare quel rumore o per fumare l’ascischcs, che poi Alberoni mi toglie dal comodino le pasticche del sonnifero. Et voilà: “Un giorno gli storici ricorderanno questo periodo come «il periodo della droga», un po’ come facciamo noi quando ricordiamo le fumerie d’oppio e la guerra dell’oppio in Cina”. Musi gialli e posteri che ci guarderanno come dei degradati. Scacco. Matto.
La conclusione sarà immaginifica. Goethiana. L’amore ai tempi della metanfetamina. Le loro tossicodipendenze tristi. Artisti che si drogano per “superare se stessi, certa musica rock”. Amy Winehouse. La morte. Infarti. Dentiere che non si incollano. Ma poi, signora mia, l’ha vista la Winehouse a Belgrado? Che non si reggeva neanche in piedi? È questo un uomo? E la signora avrebbe ripensato con nostalgie all’orbace, ai grembiuli neri, alla Mascella Pronunciata, ai libri di Magdi Allam, al mondo ordinato e pulito e comme il faut, senza immigrati, cantanti rock, LSD, Amy Winehouse, Heather Parisi. E il nipote che finalmente va a messa ogni domenica, pronto a vincere appalti milionari per l’Expo del 2040 e a sposare una brava ragazza, una ragazza come la Letizia Moratti, che è pure molto facoltosa di famiglia.
Alberoni battè l’ultimo tasto della sua macchina da scrivere di Weimar. Si sentiva onnipotente. Un virtuoso. Un paladino. Avrebbe portato nuova luce del mondo – questo mondo schifoso obnubilato dagli effluvi dell’etere e dalle sniffate di trielina. Aveva vinto, ancora una volta. Inviò il pezzo al Direttore con il telegrafo.
Alle 6.34 il signor Ovidio Menea, pensionato di 83 anni, scese al pianerottolo, aprì la cassetta della posta e tornò su in casa. Scartò il cellophane che racchiudeva il Corriere della Sera di Lunedì e incominciò a leggere la rubrica di Alberoni. “Dopo la morte di Amy Winehouse ho ricevuto molte telefonate di persone addolorate che mi chiedevano perché tanti cantanti muoiano così giovani di droga…” Sentì una fitta alla prostata. Lancinante. Abbassò lo sguardo. Dalle pagine del Corriere della Sera fuoriusciva il braccio del cadavere di Francesco Cossiga. Nel giro di qualche secondo la mano in decomposizione gli strizzò la prostata, fino a farlo morire.
“Corriere della Sera, buongiorno.”
“Mio marito è morto leggendo l’editoriale di Alberoni!”
“Ha controllato che suo nipote non avesse messo dell’MDMA nel latte di suo marito, signora?”
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Drop the Hate / Commenti (4)
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#2
McLaud
“la Buona Morale Europea scolpita nel tempo dai gloriosi glossatori del Corpus Iuris Civilis”…e, se ci fossero riusciti, anche dagli ingloriosi scribacchini del trattato di Lisbona.
…e comunque la trielina l’ho sniffata e non la consiglio a nessuno: appare Alberoni ovunque in atteggiamento accusatorio.
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#3
Post di oggi 9 August 2011 | Rassegnata stampa, opinioni non richieste di Simone Grossi
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#4
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#1
Fede
Ottimo come al solito… anzi, questo è uno di quelli più “ispirati” che hai scritto ultimamente. Darei un braccio (di Berlusconi) per scrivere bene come te. :)