Saggio Sulla Lucidità

Pubblicato da Blicero il 7.05.2009

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Quanti di noi, negli ultimi trent’anni, si sono posti le seguenti domande: cosa significa andare a votare? Che valore ha il voto? Perché proprio quel voto?

Chi vota non si pone nemmeno la domanda: va a votare e basta. Chi non vota (in tutte le sue declinazioni) neppure: sta a casa. In definitiva, nessuno si è realmente interrogato1 sul motivo che lo spinge a prendere la tessera elettorale e recarsi alle urne ogni quattro o cinque anni (o quando cade il governo di turno), dato che è diventato un rito compulsivo praticamente svuotato di ogni significato, sociologicamente naturale come avere un bagno funzionante, l’acqua corrente, l’elettricità a casa o una televisione pubblica odiosamente infestata dalla partitocrazia.

/s = t * v/

Il metodo letterario di Saramago, a differenza di quanti vanno in giro a prendere appunti su cosa succede nella metropolitana o dentro un negozio di alimentari per poi riversarlo sulla pagina scritta, consiste nel fare il vuoto dentro di sé e formulare un’ipotesi: che cosa sarebbe successo se…?

In Saggio sulla lucidità (seguito di Cecità) l’ipotesi è la seguente: cosa sarebbe successo se…un’intera città avesse votato scheda bianca? Il romanzo si apre nel mezzo di una tornata elettorale, in una capitale imprecisata di un paese imprecisato. I partiti che si contendono il potere sono tre: il partito di destra (p.d.d.), il partito di centro (p.d.m.) e il partito di sinistra (p.d.s.).

Il tempo è “pessimo per andare a votare2” ed infatti quasi nessuno, almeno all’inizio, si reca alle urne. Non appena però le condizioni atmosferiche migliorano, le code per espletare l’inderogabile dovere civico incominciano a formarsi al di fuori del seggio. I preoccupati scrutatori, sventata la minaccia, possono finalmente iniziare a fare il loro lavoro.

Ma qualcosa va storto. Il risultato è sconvolgente: oltre il 70% delle schede valide è un voto in bianco. Le elezioni non sono regolari e vanno rifatte. Il secondo scrutinio, tuttavia, è ancora più devastante del primo: il 18% al p.d.d., l’8% al p.d.m., l’1% al p.d.s. e l’83% sono schede bianche. La reazione del potere pre-costituito non può farsi attendere: all’iniziale “sconcerto”, “stupefazione”, “scherno” e “sarcasmo” seguono tutte le macchinazioni e contromisure da prendere per attutire quel colpo brutale alla purezza del meccanismo di voto e per ristabilire la normalità democratica.

/t + a/

La stampa compiacente (quasi tutta) parla di “uso dissoluto del voto” e presto l’elezione diventa la “congiura delle schede bianche”. Pensando che il problema sia confinato (o che possa essere confinato) solo alla capitale, il governo dapprima dichiara lo stato di emergenza, poi lo stato d’assedio, poi ritira la polizia e tutti gli apparati governativi (eccetto i pompieri) dalla città ed infine la chiude del tutto, come se fosse in quarantena.

La vita nella capitale, nonostante tutto, va avanti come prima – se non meglio di prima. Non succede assolutamente nulla di orribile. Il massacro sociale auspicato dal governo non si verifica: non un omicidio, non un pestaggio, addirittura nessun furto. Il livello della provocazione statale, per sortire qualche effetto, va decisamente alzato. Una bomba piazzata dal governo viene fatta esplodere nella stazione, causando decine e decine di morti, nella speranza che i cittadini diano la colpa ai terroristi responsabili della “congiura” o a qualche imprecisato agente destabilizzatore. Ma la capitale non ci casca e organizza subito dopo una manifestazione pacifica e silenziosa. Il governo scatena una campagna di stampa con l’esplicito augurio di vedere scorrere il sangue alla manifestazione, ma ovviamente non succede nulla neanche qui. L’extrema ratio si manifesta sotto forma di un commissario di polizia mandato nella città a scoprire, a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, i cospiratori. Anche, e soprattutto, se non esistono.

Nella descrizione di tutti i meccanismi del potere e di come questo cerchi disperatamente di autolegittimarsi nelle forme più violente ed eversive emerge chiaramente lo stato di panico assoluto che detta l’agenda per risolvere la crisi. Il governo è costretto a confrontarsi, per la prima volta, con il fatto che esiste e che esercita il potere solamente nella misura in cui è riconosciuto dai suoi cittadini – anche attraverso il rifiuto, ad esempio scegliendo il p.d.d. invece che il p.d.m., e viceversa.

Attraverso il non-voto la popolazione compie un atto politico ed estremamente radicale: respinge in toto la struttura della decisione, cioè la struttura della rappresentatività, cioè la democrazia – e lo compie con uno strumento che è offerto dalla democrazia stessa. L’avvertimento del libro è che ogni democrazia contiene in se un potenziale autodistruttivo enorme (la scheda bianca) che può essere attivato da un meccanismo collettivo ispirato dalla lucidità, ovvero dalla consapevolezza che il voto è diventato un atto vuoto e inutile dal momento che chi vota non può in alcun modo influire sulla realtà, stretta nella morsa delle varie collusioni politiche/economiche/mediatiche che governano ogni interstizio della vita pubblica.

Saggio sulla lucidità è un esperimento di politica bartebliana, una “teratologia politico-sociale” (come dice uno dei personaggi senza nome del libro), un’indagine filosofica che giustifica il lemma Saggio (pur essendo a tutti gli effetti un romanzo) presente nel titolo: se Borges nei suoi racconti usava la filosofia come strumento letterario, il Nobel portoghese usa la letteratura come strumento filosofico.

/l + p/

Una poesia di Brecht3 del 1953, La soluzione, recita così:

Dopo la rivolta del 17 giugno
il segretario dell’Unione degli scrittori
fece distribuire nella Stalinallee dei volantini
sui quali si poteva leggere che il popolo
si era giocata la fiducia del governo
e la poteva riconquistare soltanto
raddoppiando il lavoro. Non sarebbe
più semplice, allora, che il governo
sciogliesse il popolo e
ne eleggesse un altro?

Il romanzo di Saramago è esattamente quello che accade quando nè il governo nè il popolo possono essere sciolti. E quando non si sa più cosa fare rimane una sola cosa da fare: non fare nulla.

  1. Succede solo quando emergono, o sembrano emergere, scandali e brogli nelle procedure di voto, ad esempio in Florida nel 2000 o in Italia nel 2006 – cioè quando si entra nella sfera dell’illegalità. []
  2. Come in Giornata di uno scrutatore di Calvino. Ma il paragone finisce qui, dato che sono due libri completamente diversi, nonostante la premessa comune. []
  3. E’ interessante notare come lo stile del libro sia una specie di Brecht reso in forma burocratica. []

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Drop the Hate / Commenti (4)

#1

titus
Rilasciato il 07.05.09

davvero suggestivo…lo proverò!

#2

Quousque tandem abutere, Saramago, patientia nostra? - La Privata Repubblica
Rilasciato il 15.05.09

[…] in atto un complotto internazionale per screditare l’Italia. Questa volta è il turno di Jose Saramago, che chiama B. “Catilina” e che dice che il Nostro è riuscito nell’impresa di […]

#3

McLaud
Rilasciato il 24.05.09

La continuità tematica tra i due romanzi si perde anche perché nella traduzione del titolo di “Cecità” sono state soppresse le parole “ensaio sobre”, ossia “saggio sulla”. Pure nella trama di quello, poi, si assiste al venir meno di ogni certezza circa la convivenza civile, almeno nel piano di lettura più superficiale.

Siccome, comunque, la reazione della popolazione attraverso il voto è un tema che mi è sempre interessato, vorrei segnalare anche un post semi-serio sulle elezioni europee (spero il primo e l’unico che pubblicherò) scritto a quattro mani con Mario L. sul suo blog: http://strana-mente.blogspot.com/2009/05/cthulhu-for-president.html .

Naturalmente, vale sempre la pena di dare un’occhiata all’originale: http://www.cthulhu.org .

#4

l'impiegato
Rilasciato il 02.01.12

La tua interpretazione non mi convince del tutto: certe considerazioni sono acute, ma le incarti con altre uscendotene con un discorso un po’ contraddittorio. Secondo me sbagli a ritenere la scheda bianca un non-voto: il romanzo si oppone proprio a questa tua opinione. L’astensione è davvero un non-voto.
Comunque la tua recensione cerca un respiro più ampio rispetto al mero confronto con Cecità: per questo è interessante e vale la pena leggerla. Ti ringrazio anche per i riferimenti letterari, specialmente per quello a Melville, che metterò nella lista del ‘da leggere’.

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