Morte Industriale A Porto Marghera
VENEZIA – La raccomandata con oggetto «Attivazione procedura di riduzione di personale» è arrivata a Porto Marghera il 2 agosto. A spedirla è stata l’AFV Acciaierie Beltrame, storico gruppo siderurgico vicentino che dagli anni Ottanta controlla la Sidermarghera. «Ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 4 e 24 della Legge 223/1991, vi comunichiamo il nostro intendimento di procedere al licenziamento per riduzione di personale di n. 119 lavoratori su un totale di n. 119 lavoratori dell’unità di Marghera (VE)». Tradotto dal burocratese: l’impianto va smantellato. La lettera finisce così: «Con i migliori saluti».
Il giorno dopo, sotto un cielo costellato di gru e ciminiere abbandonate, operai e sindacalisti di Fiom, Fim e Rsu si trovano davanti alla portineria della fabbrica per organizzare la protesta. Fuori dai cancelli di via del Commercio è piantata una tenda rossa, sorvegliata a pochi metri di distanza da una specie di fantoccio in tuta bianca, scarponi da lavoro, mascherina protettiva ed elmetto giallo. Al suo fianco sventolano placidamente le bandiere delle sigle sindacali. Verso le 11 di mattina Luca Trevisan, segretario generale della Fiom di Venezia, prende parola. «È una questione di sopravvivenza, noi non cediamo. Il periodo non ci aiuta. Ma se la proprietà pensa che qui andiamo tutti in ferie, allora si sbaglia di grosso». Un operaio, seduto su un divanetto vicino a una rete metallica, si chiede: «Cosa facciamo? Cosa decidiamo?» Trevisan rassicura: «Da qui non esce niente».
Il dibattito si fa teso, con punte di comprensibile nervosismo. «Dovevamo serrarli prima i cancelli!», grida un altro operaio. «Buttiamoci in laguna, a questo punto…», suggerisce sarcasticamente un collega. Dopo un’ora arrivano le prime contromisure: blocco delle merci, presidio permanente per evitare che il magazzino venga svuotato, coinvolgimento delle istituzioni locali nella vertenza e, in settimana, una «sfilata per le calli di Venezia». Sul grande tavolo dentro la portineria, intanto, si affetta il prosciutto, si stappano le birre, si accatastano le bottigliette d’acqua e si organizzano i turni del presidio.
Poco più di un anno fa l’azienda aveva siglato un accordo con le parti sociali. Oltre a prepensionamenti, riduzione dell’organico e cassa integrazione straordinaria di due anni per i 130 lavoratori rimanenti, l’AFV Beltrame si impegnava a investire 10 milioni di euro per ammodernare e riconvertire uno stabilimento che ha più di 70 anni. Negli ultimi dodici mesi, tuttavia, l’azienda ha speso solo due milioni di euro per la manutenzione ordinaria. Dal 2010, inoltre, il Gruppo Beltrame ha chiuso due fabbriche in Italia – quelle di San Giorgio di Nogaro (Udine) e Villadossola (Piemonte) – due in Belgio e una in Lussemburgo. Come riporta il Corriere del Veneto, «la situazione finanziaria del gruppo vicentino non è certo rose e fiori. A livello consolidato, infatti, nel 2011 il gruppo Beltrame a fronte di ricavi per 1.497 milioni di euro, con un con un margine operativo lordo di 54,8 milioni, ha registrato perdite per 20 milioni di euro. Anche se la capogruppo ha chiuso in utile, secondo i sindacati Beltrame ha conosciuto dal 2008 ad oggi, e soprattutto in tempi recenti, una riduzione delle commesse».
Lo scorso marzo un lavoratore dello stabilimento di Marghera aveva scritto a VeneziaToday: «Sono un operaio dell’Afv Beltrame che rischia di perdere il posto di lavoro per chiusura dell’azienda. Entro il 5 aprile ci diranno se rischiamo la chiusura. Ho tre figli e non so che farei se perdessi il posto». Dopo le aperture degli ultimi mesi, tuttavia, gli operai della Sidermarghera non si aspettavano certo che la situazione precipitasse con una simile rapidità. «È stata una mazzata», ripete più volte Giuseppe, operaio 38enne con mutuo alle spalle. «Con un po’ d’investimenti mirati si potrebbe ancora salvarlo questo impianto: fino alla settimana scorsa stavamo laminando…Adesso staremo a vedere. In giro pare che non ci sia niente, qua intorno stanno chiudendo dappertutto». Effettivamente, dal maggio al luglio di quest’anno la cassa integrazione nella zona di Porto Marghera è aumentata di 400mila ore, attestandosi su 2 milioni e 700mila ore mensili. Prospettive future? Giuseppe sospira: «Non lo so. Noi da soli sicuramente non facciamo niente». Roberto Montagner, segretario generale della Camera del Lavoro della provincia di Venezia, non usa mezzi termini: «Tra la fabbrica e l’indotto questa decisione riguarda 200 lavoratori, se poi li sommi a tutto il resto è davvero un disastro. C’è stata questa accelerazione incomprensibile che qualcuno ci deve ancora spiegare, industriali compresi».
Luca Trevisan, pur riconoscendo l’esistenza di oggettive «difficoltà del mercato», è convinto che ci sia un’altra ragione sottesa alla chiusura della Sidermarghera: «Questa fabbrica sorge in un’area molto vasta che potrebbe avere un valore molto elevato a livello immobiliare. Secondo me la proprietà pensa di poter utilizzare quest’area per fare un’operazione anche di natura speculativa, magari valorizzando questa zona non per uso industriale ma per altri tipi di destinazione». Montagner è dello stesso parere: «Qualcuno ormai ha deciso di eliminare l’industria a Porto Marghera, nonostante ci sia un Pat che dice che quest’area è vincolata all’industria. Sottobanco stanno passando la desertificazione di quest’area. Chi ha responsabilità, a partire dalle istituzioni, si deve interrogare. Qui abbiamo ancora 11mila lavoratori, senza contare quelli degli appalti. Al di là della crisi, questa è ancora una delle aree più importanti a livello industriale del Paese. Se il futuro è il Palais Lumiére significa davvero non aver capito nulla».
Il progetto dello stilista e imprenditore novantenne Pierre Cardin, un’avveniristica torre di 250 metri di altezza, ha recentemente ottenuto il via libera dalle autorità locali e regionali e dovrebbe sorgere su un’area (da bonificare) racchiusa tra le vie Fratelli Bandiere, Delle Macchine e dell’Elettricità, a ridosso del cavalcavia di Mestre. «Stando all’ultimo progetto presentato – scriveva la Nuova Venezia lo scorso 28 maggio – dovrebbero anche sparire del tutto edifici che ospitano attività di vario genere, come quello del Molocinque, la sede dell’Inail, della Camera di Commercio e di varie aziende, come Finantix, Sidermarghera, ecc».
Costo stimato dell’opera: un miliardo e mezzo di euro, completamente a carico del privato. Insomma, come ammesso dall’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari – che pure ha definito il Palais Lumiére «una cosa orribile» e «un progetto vecchio, da ‘900» – «a caval donato non si guarda in bocca». Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha parlato di «una grande occasione di sviluppo, di visibilità e di cultura», ricordando anche che il progetto (in teoria) darà lavoro a migliaia di persone, «e Dio solo sa quanto abbiamo faticosamente bisogno di occasioni per i nostri disoccupati».
Il 16 aprile 2012 Governo, Regione, Comune di Venezia e Magistrato delle Acque di Venezia hanno siglato un accordo articolato in 12 punti per l’avvio della bonifica e della riconversione del Polo Industriale di Porto Marghera, che è uno dei 57 Siti di Interesse Nazionale (Sin) «riconosciuti dallo Stato – ricorda un comunicato dell’esecutivo – in funzione delle caratteristiche del sito, delle caratteristiche degli inquinanti e della loro pericolosità, al rilievo dell’impatto sull’ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali».
Il ministro dell’ambiente, Corrado Clini, ritiene che Porto Marghera possa fungere da esempio per gli altri Sin. Dal canto suo, la Regione punta a far diventare Porto Marghera «un punto di forza» del Veneto dopo anni di disastri ambientali, tragedie sociali, declino e dismissioni. «Noi siamo convinti – ha spiegato Luca Zaia – che la riconversione di Porto Marghera debba essere graduale, non violenta e responsabile; pensiamo a una riconversione che mantenga l’occupazione, con attività compatibili con un territorio delicato come quello della laguna». Il Sole 24 Ore, citando alcune fonti del ministero dell’Ambiente, rilevava che «sarebbero un centinaio le aziende interessate a insediarsi nell’area di Marghera con un volume di investimenti di oltre 2 miliardi di euro».
Era il lontano 1993 quando Mara Rumiz, l’allora segretaria della Camera del Lavoro di Mestre, avvertiva: «Qui sta crollando tutto». Vent’anni dopo si stanno iniziano a sgomberare le macerie e far crollare quello che rimane ancora in piedi. Ma non tutti sono d’accordo. Lou Mbacke, operaio 49enne dell’AFV Beltrame originario del Senegal, è in Italia dal 1988. E non ha alcuna intenzione di andarsene: «Siamo qua e lottiamo, perché sappiamo che questa fabbrica è la nostra garanzia, la nostra sicurezza».
(Foto: La Privata Repubblica.)
#1
Renzo Riva
Le carote sono finite,
è rimasto solo il bastone.
Questo è l’effetto della decrescita che non si sa quanto sarà felice.
Sapete a cosa servono i reattori per l’elettronucleare?
Se non ci arrivate da soli ve lo scrivo io: Servono a produrre elettricità a costi contenuti e sempre disponibile, di giorno e di notte, in quantità “industriali”.
I competitori del mercato globale ne sono dotati e noi no.
A maggioranza l’italiota ha detto no al nucleare.
Ora le conseguenze: chiusura delle attività perché non si riesce ad acquisire commesse a causa dei prezzi proibitivi.
http://renzoslabar.blogspot.it/2012/02/realta-post-industriale.html
http://renzoslabar.blogspot.it/2012/02/ieri-si-viveva-in-modo-ecosostenibile.html
http://renzoslabar.blogspot.it/2012/05/indice-mortalita-per-twh-prodotto.html
Indice Mortalità per TWh prodotto
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Fonte………….Morti/TWh……..% Energia Elettrica………………Del totale consumi elettrici
…………………………………………..Prodotta nel Mondo……………mondiali morti per fonte
Carbone………………161……………………26……… ………………………………..586’000
Olio Comb…………….36……………………36…………………………………………181’000
Natural Gas……………4…………………….21…………………………………………..11’760
Bio/massa
e biocombustibile….12…………………….0,0X
Torba………………….12……………………..0,0X
Idroelettrica………….1,4……………………2,2……………………………………………431
Nucleare………………0,04………………….5,9……………………………………………..33
Mandi
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