Marysthell Polanco Non Balla Da Sola
(Pubblicato anche su AgoraVox.)
4.
Si muove squallida e voluttuosa, l’impiegata cinquantaquattrenne del catasto abruzzese che ho reclutato su Pinterest, languidamente aggrappata al palo arrugginito del mio scantinato. L’ho fatta vestire da Clementina Forleo e Viktor Orban, senza un particolare motivo. Ha una parrucca rossa, una toga sdrucita, una Nazione allo sfascio e gli avvoltoi del Fondo Monetario a piluccargli la cellulite. Seduto di fianco a me c’è Sandro, il Poeta. Indossa un kilt e regge pallido una biografia clandestina del vicepresidente del Partito Comunista Cinese Lin Piao. Sorride. Cerca di comunicarmi qualcosa ma gli amplificatori sparano a volume decisamente troppo alto un remix polacco di Claudio Coccoluto di dubbio gusto.
Ho arredato la sala con un cavallo azzurro incrostato di sudore di Emilio Fede e una statuetta di Priapo con il fallo consumato dalla saliva. In fondo, oltre l’impiegata, c’è l’Altarino del Bunga Bunga. Ritagli di Repubblica, instant book di 700 pagine, intercettazioni, rubriche telefoniche di troie sudamericane, rassegne internazionali sul Burlesque, il video dell’uccisione di Gheddafi e una gigantografia della foto di Nicole Minetti in cui la Consigliera Regionale indossa fiera un paio di pantaloni da cavallerizza che esaltano il suo camel toe. Sono simulacri di un mondo collassato, reperti di un tempo ormai lontano, fossili di una realtà demolita dal cambiamento dei tempi e dall’austerità. Mi manca, quel mondo. Aprivi le pagine interne del Corriere Della Sera e improvvisamente ti trovavi catapultato dentro un porno di Nadia Macrì, intento ad ammirare lo spontaneismo con cui lei suggeva esordiente la verga di un nero1.
Sorseggio del Bellini scaduto e sputo per terra. Sandro mi sfiora un braccio e indica un libro ai piedi dell’altare. La sua espressione si fa contrita e greve. Mi alzo e lo prendo in mano. La copertina recita: “Volevo ballare il Bunga Bunga anch’io! Considerazioni semiserie di una showgirl”. Autrice: Terry Schiavo. Urlo.
3.
La dedica del volume non potrebbe essere più esplicita e poetica: “A Colei che, quel giorno, entrando in palestra con la sua Birkin, mi folgorò ispirandomi nella stesura di questo mio memoriale. Grazie a Nicole Minetti, la mia musa ispiratrice…” Sfoglio le pagine e non riesco a nascondere la mia insofferenza. Vorrei mettere della french touch e strusciarmi languidamente su Viktor Orban. Sandro, che si imbelletta con un rossetto viola, mi invita a non demordere: “Vedrai che in questo libro troverai delle risposte importanti ad interrogativi necessari”. Una lacrima mi riga la guancia mentre infilo gli auricolari e ascolto il rap su Mario Monti di Giuliano Ferrara. A pagina 13 Terry Schiavo ci tiene a far sapere che è “ancora qua”, da quei lontani anni ’90 in cui Silvo Berlusconi era Presidente del Consiglio, i partiti storici della Prima Repubblica si erano infilati una katana nello stomaco, la Mediasetcrazia bombardava a tappeto le sinapsi del Paese e il neoliberismo raggiungeva l’apice storico del suo consenso accademico-sociale. Chiudo gli occhi, ripenso a quegli anni spensierati e ipocriti e mando un sms ad Antonio Martino: “Francis Fukuyama è un povero pezzo di merda”.
La storia di Terry Schiavo, figlia di emigranti del sud, inizia da qualche parte nel Nord negli anni ’70 e svolta nel 1991, quando la giovane aspirante-starlette – dopo aver raggranellato i primi denari cantando con i rinomati Malandra Show, “un’orchestra spettacolo abruzzese” – approda da qualche parte in televisione e partecipa ai festini della Roma Bene™. Grazie agli abboccamenti festaioli, la Schiavo arriva a conoscere “Alberto”, un uomo d’affari nonché boiardo di Stato, con il quale ha una relazione che, incidentalmente, la porta ad entrare in Rai come valletta a Piacere Rai 1. “Diventai a tutti gli effetti una Gigia di Gigi (Sabani) – ricorda la Schiavo – Io e le altre cinque novelline delle Gigie in breve tempo diventammo dirette concorrenti delle Tate di Toto (Cutugno), che ritenevano avessimo tolto loro parte della scena”.
In quegli anni la Schiavo – grazie anche a “qualche aiutino”, come ammette lei stessa – partecipa con entusiasmo a orribili programmi quali Stasera mi butto, Acqua Calda, Smile, Serata Magica (e altri) e si imbottisce di silicone a tal punto da deformarsi il labbro superiore. Il salto di qualità arriva con la conduzione, assieme a Gigi Sabani e Valerio Merola, di Bravissima ’95. È in quell’ambiente che si cucina il brodo di coltura di Vallettopoli et similia:
Il dietro le quinte di Bravissima, per esempio, era un vero raduno di pescecani provenienti da ogni parte della terra… pardon, degli oceani. Così mentre io vivevo nella mia beata ignoranza tra copioni da studiare e alla scoperta dei pro e contro della chirurgia estetica, nasceva un movimento sotterraneo che altro non era se non un’anticipazione del Bunga Bunga! Sì le Bunga Bunga girl esistevano già molto tempo fa, quasi nella preistoria. Noi non ne abbiamo alcun ricordo perché erano meno astute, di scarsa intelligenza e fascino più discutibile rispetto alle attuali.
Nell’estate del 1996 piovono avvisi di garanzia e ordinanze di custodia cautelare. Gigi Sabani finisce in carcere per induzione alla prostituzione (verrà in seguito scagionato da ogni accusa e risarcito per ingiusta detenzione). Valerio Merola è accusato di aver sodomizzato giovani vallette – accusa respinta facendo leva su presunte, abnormi dimensioni del suo pene. L’inchiesta viene archiviata qualche mese dopo: tutti innocenti. Alzo gli occhi dal libro e mi accorgo di tremare. Non ce la faccio più, sono arrivato al limite dell’umana sopportazione. Ho bisogno di leggere Mark Twain e di guardare Battle Royale o uno snuff salvadoregno fino a perdere i sensi. Sandro mi fissa con un’espressione severa. Alza il kilt. Mi si rivoltano gli occhi e non vedo più nulla.
2.
La voce suadente di Marysthell Polanco mi chiama all’interno degli studi di Bim Bum Bam. Vuole soldi e appartamenti, la Polanco, e io non ho né l’uno né l’altro. Improvvisamente il mezzobusto del pupazzo Uan mi prende per mano, passa una zampa voluttuosa sulla mia coscia e mi sfila la maglietta. Mi vergogno. I suoi peli artificiali rosa mi fanno il solletico. Rido per la disperazione, e sogghigno per l’involontaria comicità della scena. Takashi Miike sarebbe orgoglioso di me – salvo poi infilarmi dei ganci nella schiena e lasciarmi penzolare dal soffitto. Passo dietro al bancone e con raccapriccio vedo che Uan è senza pantaloni. La sua proboscide è carnosa, floscia e dondola minacciosa tra le gambe. La voce di Paolo Bonolis riecheggia negli studi. Il noto presentatore sta leggendo alcuni passi del libro con ingiustificata enfasi.
Nel 1993 Terry Schiavo entra a far parte della scuderia di Lele Mora, all’epoca fresco di condanna per spaccio di droga nella Verona degli anni ‘80 e che aveva da poco trasferito la sua “attività gaudente”2 a Milano, capitale del nascente impero televisivo:
Un’amica produttrice ci presentò nonostante la sua fama mi intimidisse non poco: mi tremavano le gambe quando ci stringemmo la mano, ma sfoderai tutta la mia finta spavalderia per evitare che se ne accorgesse. Con estrema galanteria mi invitò a passare l’indomani in ufficio per fare due chiacchiere. Esultai in silenzio. Era fatta, anch’io avrei potuto dire di essere una delle artiste di punta della sua agenzia! […] Ma non furono solo rose e fiori come, invece, si potrebbe immaginare. I primi anni furono idilliaci e tutto sommato anche divertenti! […] Dopo mangiato si andava a fare un giro in macchina nella vicina Verona: Lele, La Gina (suo storico assistente) e io. Tutti a caccia di qualche bel maschione. A dire la verità erano loro ad avere la meglio. Io, inconsciamente, fungevo da esca e tutto sommato, carina e famosa, riuscivo a fare in modo che abboccassero, ma alla fine rimanevo sempre con un pugno di mosche. Non c’è più religione: a me preferivano il Mora!
Uan mi agguanta i capelli con la zampa sinistra. Rantola come se gli avessero aperto un buco nel collo, la lingua fuori a bagnarmi il collo e i suoi capelli fucsia del cazzo a sgocciolare eccitazione. Sento il suo arnese sfiorarmi le gambe, sempre più su, sempre più pressante – il bastardo è fuori controllo, totalmente in calore. Un occhio di vetro gli si stacca dall’orbita a causa degli spasmi. Prende a gridare. “Paolo, leggimi il pezzo in cui si parla della liaison con Marco Columbro”. Non ho più la forza di reagire, sono pronto all’inevitabile – un’imberbe pecorella sventrata sull’altare del sadismo catodico. Bonolis obbedisce militarmente.
La mattina mi svegliava dolcemente, cominciando ad accarezzarmi i piedi, poi saliva fino a sfiorarmi le cosce…Mi sollevava delicatamente la sottoveste di seta nera e cominciava a baciarmi. Pochi uomini sanno davvero baciare una donna, lui è uno di questi. I suoi baffi profumati mi facevano il solletico; un brivido mi percorreva il corpo mentre, eccitata, aprivo gli occhi e ansimante schiudevo le mie labbra.
È in quel momento che Uan mi strappa i pantaloni con una forza primordiale, abbaia all’impazzata e tutto d’un tratto sono in un bosco, è autunno, le foglie secche crepitano al mio passaggio, i funghi sembrano sorridere placidi sotto gli alberi e Mark Lenders sta cucinando dell’eroina per quel frocio di Tom Becker, che ha le braccia corrose dalle siringhe. Poi cambia scena. Mi trovo fuori da una villetta a schiera, il postino arriva in bici e mi tira addosso una lettera – firmata Mila Hazuki – in cui mi si prega di andare dall’avvocato Mills per riciclare i soldi sporchi del Gabibbo. Nel prato antistante Noemi Letizia si prepara per la sesta liposuzione consecutiva. Nicole Minetti attraversa la strada e mi accarezza una guancia. Il dolore addominale si fa insopportabile. Sbocco.
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Drop the Hate / Commenti (5)
#3
#4
tonii
secondo La Vanguardia di oggi i cannibali di Miami sarebbero soggiogati da el septimo cielo, una droga sintentica che induce a mangiare i propri simili. Ah! Ci fosse ancora un AJ con dei Xiucutil.
Dall’alto dei cieli Lin Biao ci osserva e sorride.
#5
r
Sono insicura, quale sia la fiction. Quale il tema, se davvero inizi qui – non era mica trent’anni fa, con un’altra ventenne, signori miei, non è affatto nuova questa storia, qui&oggi, no no, nessuna demenza senile, credetemi – un impresario.
Abbiamo parlato di questo per ore, in barca. Di notte, e senza bere eccessivamente.
Ma non si può spiegare, a meno che non lo si abbia dentro, il senso del ridicolo – così intimamente connesso col senso della misura. (Mimano forse un certo priapismo, ignari oppure disinteressati che si tratti di una forma pervicace, estranea allo scopo). Insomma, abbiamo parlato di questo per ore, se non si sono lette pagine a sufficienza non si può capire, se non si vede cosa siano certi squarci di Milano. Da sempre, da ogni dove, queste ragazze, il destino della falena, una corsa pazza e velocissima e cieca verso il centro. Per questo cercavo le immagini della Vergine Napoletana. Ah, non ho sufficiente pazienza di cercare bene e mi fermo alla ventesima pagina, perché non c’è più nulla d’aggiornato, da un anno. (Ho seguito con diligenza tutte le fasi della trasfigurazione, con l’orrore stupefatto e goloso di un fanatico di gutterfuck.). Sparita, dopo aver fatto scempio con una velocità impensabile, del suo *corpo* inseguendo un’idea spericolata della sua *immagine* – chissà cosa ne avrebbe detto Agrado. Personalmente, l’ho trovato pieno di meraviglia – sono me-ra-vi-glia-ta.
#1
matteoplatone
Ma “Sandro” è per caso Sandro Bondi?