La Guerra Di Voina
Negli anni in cui Brežnev era al potere, e gli artisti erano costantemente tenuti sotto stretta sorveglianza dagli occhiuti “critici d’arte” in borghese, tra gli intellettuali sovietici dell’epoca girava spesso questa barzelletta. Lenin e il Commissario dell’Illuminamento Lunacharsky vanno ad una mostra d’arte a Mosca. Il primo dà un’occhiata ai dipinti di Malevič e si chiede: “Che cosa sono questi? Rettangoli? Triangoli? Cosa significa? Non capisco questo tipo di arte”. Lunacharsky risponde: “Ad essere onesti, Vlamimir Il’ič, non la capisco nemmeno io”. Il sottinteso ironico è che quello è stato l’ultimo governo sovietico a non capire nulla di arte, dato che tutti quelli seguenti la capivano a tal punto da volerla sempre censurare & reprimere. E nonostante una breve parentesi di libertà selvaggia e sregolata che è andata dalla caduta del muro di Berlino all’ascesa di Putin e dei siloviki verso la fine degli anni ’90, il Cremlino è tornato a comprendere fin troppo bene il significato dell’arte in Russia.
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Sono le sette di mattina del 15 novembre 2010, a Mosca. Una decina di agenti del reparto “E” (la polizia anti-estremismo) irrompe in un anonimo appartamento. Qui si trovano Oleg Vorotnikov (fondatore), Leonid Nikolaev (“Presidente”) e altri attivisti del collettivo d’arte radicale Voina (“Guerra” in russo). I poliziotti fanno stendere i presenti sul pavimento a faccia in giù, li ammanettano e cominciano a sequestrare tutto quello che si trova nella stanza: computer, hard disk, penne Usb, memory card, cellulari, schede Sim, fogli di carta, passaporti e carte d’identità. Poi vengono trasferiti in blocco alla centrale di polizia di Begovava. Oleg e Leonid vengono incappucciati con dei sacchetti di plastica e caricati di peso dai poliziotti in un furgone bianco. Quando Koza, una ragazza del gruppo, chiede dove li stiano portando, un agente risponde così: “Nel bosco”.
In realtà, i due stanno per essere portati nel carcere di San Pietroburgo con l’accusa di “vandalismo motivato dall’odio o dall’ostilità nei confronti di un gruppo sociale”. Il reato, previsto dall’articolo 213, paragrafo 1, lettera “b” del codice penale russo, è in realtà un pretesto utilizzato dalle autorità per sbarazzarsi più o meno legalmente degli oppositori; ed infatti è piuttosto evidente che questi arresti costituiscano una sorta di rappresaglia per l’operazione di Voina avvenuta tra il 15 e il 16 settembre 2010, chiamata “Rivoluzione di Palazzo” – una provocazione che non dev’essere proprio andata giù alle forze dell’ordine.
Quella notte (il Giorno del Giudizio secondo la tradizione biblica) un gruppo di 31 attivisti rovescia sette volanti della polizia nei pressi del Castello Mikhajlovskij a San Pietroburgo. “Siamo disgustati – si legge nel comunicato di “rivendicazione” postato nel blog di Alexei Plutser-Sarno, l’ideologo del gruppo – dagli sbirri doppiogiochisti che hanno già fatto a pezzi la Russia e che ora ne stanno saccheggiando i resti. Voina chiede una riforma cardinale del Ministero degli Interni. Chiediamo che tutti i banditi siano espulsi e che su di loro venga fatta giustizia. Nel Giorno del Giudizio i poliziotti devono inginocchiarsi e supplicare noi, lavoratori dell’arte, per il perdono. La punizione di Dio sta per arrivare. Sbirri, pentitevi per i vostri peccati!”
18 gennaio 2011, San Pietroburgo. Nell’udienza per la convalida dell’arresto dei due, Oleg è dietro alle sbarre1, le braccia appoggiate al ferro verde e gelido, e guarda con ammirazione il professore Vladimir Kostyushev – che da più di vent’anni si occupa di sociologia della protesta e teoria dei movimenti sociali.“Non ho alcun dubbio sul fatto che si scriveranno libri su questo tipo di arte contemporanea – dice Kostyushev alla Corte – Sarà una pagina gloriosa nella storia moderna della politica russa. Ne sono sicuro.”
Il 25 febbraio è finalmente arrivata la scarcerazione, contestualmente alle ripetute e amorevoli cure dell’O.M.O.N., la polizia speciale russa. Vorotnikov e Nikolaev rischiano fino a sette anni di reclusione. Uno per macchina. Ma è grazie a questa storia che il loro movimento ha oltrepassato lo sconfinato limes russo: un aiuto inaspettato alla causa di questo collettivo è arrivato dal celebre street artist britannico Banksy, che per il pagamento della cauzione ha donato l’intero provento (127mila dollari) della vendita di una serie di sue opere.
Esplicitamente schierato, oltraggioso, viscerale, anarchico, senza freni, costantemente alla ricerca di nuovi limiti da infrangere e di istituzioni da sbeffeggiare e umiliare, Voina nasce il 23 febbraio del 2007 da un’idea di alcuni studenti di filosofia di Mosca. Il collettivo – che nel 2008 ha vissuto e lavorato in un garage senza riscaldamento alla periferia di Mosca – ha una struttura orizzontale, è composto da circa duecento membri e al momento si trova a dover fronteggiare quindici azioni legali scatenategli contro in circa quattro anni di attività. Il loro idolo e padre putativo “è e rimarrà sempre” il poliedrico artista contemporaneo Dmitri Prigov, morto di infarto il 16 luglio 2007 a 66 anni, che nel 1986 venne spedito dal KGB in un ospedale psichiatrico per aver volantinato alcune sue poesie nelle strade della capitale.
Voina ha dedicato a Prigov una veglia funebre piuttosto particolare nella metropolitana di Mosca: il collettivo ha occupato un intero vagone e ha banchettato con vodka e cibo in suo onore. Influenzati dalla gloriosa tradizione rivoluzionaria russa e dal Concettualismo Moscovita, l’obiettivo dichiarato di Voina è quello di creare “una street art monumentale” che squarci impietosamente l’opprimente cappa di omologazione reazionaria, corruzione politica, autoritarismo putiniano, fanatismo ortodosso e soppressione (anche violenta) del dissenso che sta stritolando con guanti e scarponi d’acciaio l’incerta democrazia post-sovietica.
La guerra del gruppo artistico non si svolge nelle gallerie di arte contemporanea (da loro considerate troppo glam e piene di “spazzatura” conformista) o in qualche salotto hipster/à la page; è una guerra interamente combattuta nelle città, nelle loro strade sporche e gelide, nelle stazioni di polizia, nei tribunali, nei supermercati, nei musei, nei ristoranti – in definitiva, nell’intero milieu urbano, declinato in tutte le sue varie forme, quello spazio enorme e grigio e concentrato la cui estensione è inversamente proporzionale al grado di libertà di cui gode la popolazione.
L’operazione più eclatante di Voina è sicuramente quella compiuta sul ponte levatoio Liteiny a San Pietroburgo, nome in codice “Cazzo Catturato Dall’FSB [il servizio segreto russo, nda]”. La notte del 14 giugno 2010, giorno del compleanno di Che Guevara, il gruppo disegna in appena 23 secondi un enorme fallo lungo tutta la superficie del ponte (65 metri di larghezza per 27 di altezza). All’una di notte quest’ultimo comincia ad alzarsi; verso le due, quando il ponte-pene è ormai completamente eretto, dagli uffici della sede centrale dell’ex KGB e da tutta la città si può scorgere chiaramente l’opera. Quella del “defacing”, o deturpazione artistico-attivista di infrastrutture e palazzi pubblici, è del resto uno degli strumenti maggiormente utilizzati dal gruppo. La notte tra il 6 e il 7 novembre 2008 (data del 91esimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, nonché del 120esimo anniversario della nascita dell’anarchico e rivoluzionario ucraino Nestor Makhno) Voina proietta un enorme Jolly Roger (il teschio e le ossa, simbolo dell’anarchia) sull’edificio del Governo, la Byely dom (Casa Bianca) russa. Poco prima dell’azione il solito Plutser-Sarno scrive sul suo blog: “Crediamo che un’arte nuova e veramente attuale debba trovare il proprio linguaggio. La Casa Bianca è la tela perfetta per un artista. Il teschio e le ossa sulla Casa Bianca sono l’avvertimento al governo che l’anarchia è la reazione inevitabile ad una politica xenofoba e genocida. Il Jolly Roger indica che la nazione russa sta morendo, mentre i nuovi ricchi sguazzano nel lusso”.
Nello stesso anno un’altra azione di Voina, le cui foto e riprese hanno fatto letteralmente impazzire la blogosfera russa, è quella eseguita all’interno del Museo Statale di Biologia di Mosca. Due giorni prima dell’elezione presidenziale che ha visto trionfare Medvedev, gli attivisti (tra cui anche una donna incinta che partorirà quattro giorni dopo) entrano nella sala “Metabolismo, energia, nutrizione, digestione”, si spogliano e improvvisano un’orgia di gruppo, il tutto mentre altri due membri in smoking e tuba tengono ben in vista uno striscione nero su cui c’è scritto a caratteri cubitali: “Scopa per il Successore – l’Orsacchiotto [in russo medvejonok, gioco di parole sul cognome del delfino di Putin, nda]!”
I supermercati sono uno dei bersagli preferiti di Voina. Il 3 luglio del 2008 un attivista vestito da prete ortodosso entra in un supermercato di fascia alta, fa incetta di alcolici e cibo di marca ed esce tranquillamente con cinque sacchi stracolmi, ovviamente senza pagare. Non viene fermato da nessuno. L’azione si chiama “Un poliziotto in tonaca da prete” e vuole dimostrare la totale impunità di cui godono le forze dell’ordine e le gerarchie ecclesiastiche. Il 7 settembre successivo, il giorno in cui si festeggia la città di Mosca, all’interno del supermercato più grande della capitale il gruppo imbastisce un processo sommario contro tre lavoratori clandestini, un omosessuale russo e un attivista dei diritti gay, bisessuali e transgender (LBGT). Il processo farsa si chiude con l’impiccagione simbolica dei cinque al soffitto del reparto di illuminazione, sotto gli sguardi attoniti di guardie e cittadini. L’azione, rivolta contro l’allora sindaco Luzhkov ritenuto responsabile di politiche razziste e omofobe, è denominata “La Commemorazione Decabrista” in onore dei cinque rivoluzionari russi che furono fatti impiccare dallo zar Nicola I in seguito all’insurrezione armata del 14 dicembre 1825.
L’ultima operazione nei supermercati è datata 20 luglio 2010, ma è stata pubblicata online quattro giorni dopo (cioè nel 182esimo anniversario della nascita dello scrittore e rivoluzionario russo Nikolay Chernyshevsky) ed è di gran lunga la più disturbante. Richiamandosi alla vecchia fiaba popolare della gallina Ryaba, il gruppo entra nel supermercato “Nakhodna” di San Pietroburgo e ostruisce la visuale delle telecamere con dei cartelloni, mentre una di loro provvede ad infilarsi un pollo (accuratamente selezionato) nella vagina, riuscendo poi a portarlo fuori dal supermercato senza farsi scoprire. Questa la rivendicazione online del collettivo: “Nell’antica Russia la parola “puttana” significava “menzogna” e “imbroglio”. Oggi in Russia ci sono milioni di “puttane” di ambo i sessi che hanno perso i loro principi morali ed etici, che imbrogliano e si uccidono tra di loro. Voina fotterà simbolicamente i russi doppiogiochisti e le loro prostitute del Cremlino!”
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Se non fosse per Voina, ha dichiarato Andrey Monastyrsky (fondatore dei gruppi di Azione Collettiva degli anni ’70), “l’arte contemporanea russa sarebbe provinciale e terribile, una porcheria commerciale”. Un giudizio pienamente condiviso da Andrey Erofeev, un noto curatore d’arte attualmente sotto processo per aver organizzato nel 2007 un’esposizione giudicata offensiva dalle autorità e dalla chiesa ortodossa: “Negli anni ’90 l’arte si è fatta influenzare da una società che si stava imborghesendo sempre di più: gli artisti si sono felicemente trasformati in conformisti”.
In effetti, un episodio recente delinea bene lo stato dell’arte, non solo contemporanea, nella Russia odierna. Lo scorso giugno Vladimir Putin si è recato nella galleria del pittore nazionalista Ilya Glazunov. Soffermandosi su un dipinto, il premier russo ha notato che la spada del principe Oleg di Kiev (nel quadro erano raffigurati appunto i principi medievali Oleg e Igor il Coraggioso) assomigliava più ad un coltello da cucina che ad una vera spada, suggerendo così a Glazunov di allungarla. Il pittore ha detto che avrebbe attentamente seguito il consiglio del Primo Ministro, che ha dunque aggiunto alle sue già sconfinate competenze di ex spia, statista, cacciatore di tigri, judoka, amante degli animali, rapper, pianista e pilota di Formula Uno anche quella di raffinato critico d’arte.
È stato solo negli ultimi anni che un certo tipo di arte militante, cinica e satirica è realmente riaffiorata sulla superficie della vita pubblica russa, per troppo tempo dominata e anestetizzata da nazionalisti, Gioventù Putiniana e miriadi di gruppi “spontanei” di supporto al governo. Voina si approccia all’arte in maniera totalmente radicale; è una lancinante dichiarazione d’indipendenza destinata ad essere sempre e comunque ontologicamente contraria ad una forma ibrida di zarismo oligarchico travestito malamente da Democrazia Controllata: “In Russia, l’attivismo anarco-artistico è l’unica attività davvero viva – dice Alexei Plutser-Sarno – Oggigiorno, in un momento in cui qualsiasi speranza per la democrazia si è infranta, disegnare fiori o gattini o produrre qualsiasi altro tipo di arte ‘pura’, cioè priva di un contenuto socio-politico, significa essere complici delle autorità reazionarie”. Quella del collettivo è piuttosto un tipo di arte “patriottica”, ma nel senso che intende l’ideologo: “Si può essere un patriota avversando completamente le logiche statali. Il Paese e lo Stato sono due concetti diversi, da non confondere tra loro. Una persona intelligente non può definirsi un “patriota dello Stato”. Lo Stato, infatti, è un’istituzione che veicola un tipo di violenza legalizzata: non può piacere. Noi siamo dei patrioti a tutti gli effetti”.
L’esistenza stessa di un movimento come Voina potrebbe essere la diretta conferma di quello che scrisse Vasilij Grossman nel suo capolavoro “Vita e destino” (sequestrato dal KGB nel 1960), riferendosi al regime sovietico: “Le esigenze dello Stato sono a un estremo, quelle dell’uomo all’altro. E non si concilieranno mai”. Nemmeno nella Russia di Putin e Medvedev.
- In Russia tutti gli imputati sono obbligati a stare seduti dentro una gabbia, mentre gli agenti della polizia stazionano su entrambi i lati. La misura venne introdotta all’inizio degli anni ’90, sotto Gorbačëv, dopo che i procuratori sovietici rimasero colpiti dai maxiprocessi siciliani per mafia. [↩]
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Drop the Hate / Commenti (5)
#2
Voina, arte militante « parlanen
[…] vedere alcune opere o “azioni” e leggerne qui, qui […]
#3
Voina Fa Franare L’Amore Sulla Polizia Russa - La Privata Repubblica
[…] epic win di Voina. Voi intanto continuate pure a mettere anelli “ironici” su sculture […]
#4
Copypasta43 - La Privata Repubblica
[…] pensare che si tratti di una spudorata scopiazzatura di un lungo articolo di qualche tempo fa (qui e su Giornalettismo) sul collettivo d’arte russo Voina, previa consultazione del dizionario […]
#5
L’Autodafé Di Voina | La Privata Repubblica
[…] collettivo artistico russo Voina ha festeggiato il capodanno a modo suo. Poco prima della mezzanotte gli attivisti hanno scavalcato […]
#1
Le Anime Vive Di Voina - La Privata Repubblica
[…] fatto qualche domanda a Voina, di cui avevo già ampiamente parlato qualche tempo fa. Le risposte sono di Alexei Plutser-Sarno (ideologo/portavoce del gruppo), Natalia […]