La Corruzione Compassionevole
Una tangibile riprova? I rapporti delle ONG internazionali anticorruzione: l’Italia staziona stabilmente in fondo alla classifica dei paesi europei e di quelli occidentali, cosiddetti civilizzati. Il barometro di Transparency International calcola anche la percezione tangentizia che ogni istituzione promana dalle sue attività: inutile dire che sono i partiti politici a spadroneggiare, sebbene una volta la corruzione ambientale fosse decisamente più pervasiva.
Il parlamentare finì la sua pietosamente meticolosa operazione di conteggio; si sistemò la cravatta, poi, con un gesto repentino eppur pudico, si scrollò la forfora dalla giacca e si avvicinò per stringermi la mano. Sicuramente anche quest’onorevole rientrava nel 98% dei condannati per corruzione che, dal 1983 al 2002 (compresa Tangentopoli, fonte “La corruzione in Italia” di Davigo e Mannozzi), l’hanno fatta franca. In un certo senso, anche il restante e risibile 2% non se l’è cavata tanto male: le pene stabilite dal codice sono piuttosto blande; per di più, la procedura penale è ipertrofica, ridondante nonchè cronicamente insufficiente, quindi lascia ogni tipo di spazio per chi è dotato dei mezzi opportuni.
Mezzi che la politica si è saputa costruire con perizia, naturalmente anche e soprattutto mediante il nostro apporto esterno. Dopo i primi maldestri e sconsiderati tentativi, in piena mani pulite, lo studio di misure di contrasto efficaci è stato affidato ai tecnici della scienza della corruzione, con risultati a mio modo di vedere davvero ragguardevoli.
Una delle norme che personalmente preferisco è l’art. 111 della Costituzione. La riforma entrò in vigore nel 1999, e costituì un formidabile salvacondotto per i reati finanziari e contro la pubblica amministrazione; inoltre, lo strumento in questione è dotato di una sostanziale immodificabilità, dato che si trova nella norma fondamentale della nostra Repubblica. Funziona così: un imprenditore che avesse pagato delle tangenti, secondo la legge in questione, dovrebbe ripetere in aula quanto detto a suo tempo agli investigatori, durante gli interrogatori; puntualmente, ciò non avviene mai. Il risultato, eccezionale: prove azzerate, assoluzioni a raffica. Tanto di cappello.
Incominciai ad enumerare le altre numerose riforme intervenute in materia: legge Simeone-Saraceni, legge Gozzini, patteggiamento allargato, Cirami, ex-Cirielli…Mi persi rapidamente e desistetti dall’impresa, non senza un certo compiacimento. Strinsi la mano all’onorevole, quella mano sporca e fresca di reato, salutandolo freddamente e con la mente altrove, rivolta a quel meraviglioso arabesco di impunità, a quel grandioso coacervo di scappatoie procedurali e di appigli legali che, in anni di paziente ed attento lavoro, siamo riusciti a creare.
Era l’unica cosa che potessimo fare: la corruzione regge per intero il nostro sistema economico, regola ogni aspetto della vita burocratico-amministrativa, è ovunque, è chiunque. E’ il nostro motore immobile, la nostra raison d’être. Uscii leggiadro ed orgoglioso dal palazzo. Mi posi un ironico interrogativo: se noi corruttori non ci intendiamo di corruzione, chi altri dovrebbe intendersene?
Mi sentivo realizzato. Sì, felice, corrotto ed impunito.
(Pubblicato anche su MenteCritica)
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