Gomorra
Di Holly Golightly
La verità è come un urlo. Controllato e lanciato alto contro un vetro blindato. Con la volontà di farlo esplodere. (Roberto Saviano)
Scontriamoci con questa verità, andiamo a sbatterci contro. Corriamo veloci, più veloci del vento, perché l’impatto deve essere forte, tanto forte da far male. Voltiamoci indietro, pensiamo a ciò che avremmo dovuto fare o dire, o quantomeno sapere, e ammettiamo di aver sbagliato. Sediamoci per due ore davanti alla realtà e osserviamola nel dettaglio, domandiamoci dove siamo stati e perché solo ora viene così vergognosamente smascherato davanti a tutti. Bastano sei storie, solo sei. Non importa vedere tutto, non si potrà mai vedere tutto. Ma quel che ci viene mostrato non si può dimenticare.
Spegniamo il sole e immergiamoci nella penombra. E, accompagnati da una cantilenante melodia, muoviamo i nostri passi. Lentamente. Attraversiamo le Vele , costeggiamo le strade su cui sostano ragazzi di ogni età per distribuire, come il pane, buste di plastiche cariche di meraviglia. Guardiamo un bambino, diventato per magia uomo meritevole di rispetto, fare i turni di guardia per proteggere gli spacciatori trovandosi, poi, a dover scegliere tra la vita e la morte della madre di un amico diventato un traditore. Seguiamo i passi di un uomo di mezza età, distinto e sobrio al contempo, che bussa alle porte per consegnare quanto spetta ad ogni famiglia da parte di chi comanda, asettico e discreto, mero esecutore di ordini. Ascoltiamo il rumore degli spari, delle sirene della polizia, delle grida di un dolore ormai rassegnato.
Entriamo in un bar vicino al porto, e guardiamo negli occhi un uomo che vede la propria vita distrutta da un piccolo schermo, in cui è riflessa la sua più bella creazione cui non è stato dato alcun merito, se non un colpo di pistola per essersi venduto alla concorrenza cinese. Mettiamoci in un angolo e lasciamolo salire in silenzio sul suo camion. Poi andiamo via, ricordando che davanti a noi avevamo uno dei sarti più bravi del mondo. Camminiamo in una cava, origliamo le strategie di un elegante stakeholder per lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici. E ascoltiamo il no di un ragazzo che preferisce perdere un lavoro proficuo pur di non accettare che la vita di un operaio del Nord debba essere pagata con la morte di una famiglia del Sud. Inseguiamo il sogno di due adolescenti che impersonano, in tutto ciò che fanno, un colosso cinematografico di tutti i tempi.
Percepiamo la loro paura e la loro ingenuità, camuffate da urla di gloria, di indipendenza e di falso potere mentre si aggirano armati nella gabbia dei leoni, in un mondo che loro non è, venendo osservati in ogni momento. L’inganno li porta su quella spiaggia, sotto un cielo plumbeo, dove vengono uccisi come bestie, mentre una pala meccanica li solleva come sabbia, portandoli via. Nel nulla.
D’’improvviso, torna la luce. Restiamo fermi, attoniti, ammutoliti. Il dolore è troppo forte per dire qualsiasi cosa. Sentiamo un pugnale trafiggere il nostro stomaco, impedendo anche il più labile sospiro. Tutto ad un tratto, ci svegliamo da un incubo, pur non essendoci mai addormentati. Era vero, era tutto vero. Quelle persone sono esistite o esistono davvero. Hanno un nome diverso,quello reale, ma che importanza ha.
Ciò che conta sono i fatti. E quei fatti sono stati trasmessi in maniera impeccabile. Inconsapevolmente, abbiamo assistito alla faida dei Di Lauro, al triste lavoro di un sottomarino che porta la mesata alle famiglie del clan, alla storia di Giuseppe e Romeo, alla morte di Carmela Attrice, alla doppia vita del sarto Pasquale, alla presenza cinese che si è imposta sul territorio partenopeo, alla disperazione dei cittadini delle campagne che vendono la propria terra per lo scarico dei rifiuti tossici, ai sotterfugi di chi ne approfitta, in forza di un falso lavoro, fonte di ricchezza immensa. Abbiamo sentito l’odore dei luoghi,i pensieri della gente,le sensazioni che bruciano sulla pelle. Impossibile staccarsi dai passi, dai movimenti, dalle parole pronunciate in quel dialetto del tutto incomprensibile. Ci siamo immersi in quella realtà, come se la stessimo vivendo noi in prima persona, come se la paura si fosse impossessata di ogni altra emozione.
Penso che la grandezza di Gomorra sia proprio questa. Garrone ha travalicato i confini delle parole, squarciando pagine e pagine di inchieste su traffici economici illegali, e cogliendo il lato più umano, quello vero, quello tangibile, l’unico capace di destare la reazione. Si è introdotto in un mondo spietato, l’ha osservato, l’ha fatto suo pur mantenendosi fedele alla verità, senza farsi condizionare dai pregiudizi nei confronti di una terra il cui modo di vivere viene giudicato, dai più, sconvolgente. Si è mantenuto lucido, razionale, critico. Nessuna spettacolarizzazione, né enfatizzazione o falsità. Non stavolta. Guerra e morte sono il quotidiano, che non distruggerà la realtà, che non permetterà a nulla di diventare diverso. La speranza sta svanendo, e ciò che prima era indifferenza, ora è pietà mista al disgusto.
Quello che resta, si chiama rabbia. La rabbia nel pensare che ,mentre migliaia di persone si recano al cinema per guardare e curiosare in una realtà così lontana e apparentemente mai rivelata, a Napoli bruciano roghi in mezzo alla strada, vengono aggrediti pompieri, è in corso una fittizia sommossa popolare manovrata anch’essa dai fili nascosti della camorra. Ma questo verrà raccontato solo dopo.
Quanto ancora ci si dovrà umiliare, quanto ancora si dovranno vedere giornalisti, eroi per due minuti, addentrarsi dove nessuno ha il coraggio di mettere piede, quanti film ancora dovranno essere proiettati, quanto ancora ci si farà applaudire per una verità così orrenda. Ormai Napoli è un’arma puntata in faccia, un colpo di mitra sparato in aria,un coltello di popart, una pala meccanica in una cava. Napoli è l’Iraq, come qualcuno ha sostenuto. Una volta era un sogno, conosciuto e amato in tutto il mondo, ma nessuno sapeva la verità. E, più si andava avanti, più questa cresceva, rinvigoriva, più veniva nascosta. Ma la verità è sempre una: possiamo nasconderla, possiamo cambiarla, possiamo ignorarla, possiamo minimizzarla. Ma lei rimane lì, immobile. Ci fissa, ci rincorre, ci insegue. Mentre noi distogliamo lo sguardo provando a fuggire come conigli. Perché ci fa paura.
Mi viene in mente una lettera che mai fu letta, il cui contenuto, stracolmo di forza e di indignazione, è stato reso noto dopo tanti anni. Sono le parole di Cipriano, compagno fedele di Don Peppino Diana, il parroco che combatteva contro i clan del suo paese, morto ammazzato nel marzo del ’94, perché voleva rendere nota questa verità.
“Uccidete e venite uccisi in una partita di scacchi il cui re non siete voi ma coloro che da voi prendono ricchezza facendovi mangiare l’uno con l’altro fin quando nessuno potrà fare scacco e ci sarà una sola pedina sulla scacchiera. E non sarete voi. Quello che divorate qui lo sputate altrove, lontano, facendo come uccelle che vomitano il cibo nella bocca dei loro pulcini. Ma non sono pulcini quelli che imbeccate ma avvoltoi e voi non siete uccelle ma bufali pronti a distruggersi in un luogo dove sangue e potere sono i termini della vittoria. E’ giunto il tempo che smettiamo di essere una Gomorra…” . Amen.
Condividi
Drop the Hate / Commenti (3)
#2
mario
complimenti per l’articolo, Holly Golightly, lo condivido pienamente! Anch’io ho visto il film l’altra sera e devo confessare che sono rimasto pietrificato sulla poltroncina del cinema. Avevo letto già il libro, ma vedere quelle immagini, mi ha fatto tanto male: un film nel quale non si è mai visto comparire un sorriso su di un volto! è allucinante!
Mi domando: ma vale veramente la pena di vivire così, in una situazione di perenne allarme per sè e per i propri cari?
E poi….. ci sarà un modo per uscire da questa emergenza ? io sono moltro scettico. mario
#3
inaudita altera parte
anche io sono scettico per non dire che ormai non ci credo più……c’est l’italie!!
#1
inaudita altera parte
“me ne rammarico, soffro, ci penso e poi me ne dimentico…..fermiamoci a vedere un attimo cosa Napoli non è più, o non è stata mai…”[autore anonimo dei primi del ‘900]
lucida profezia….ma mi chiedo sarà mai possibile far diventare Napoli una città quantomeno vicina alla decenza ed alla normalità?