Elementi Di Surrealismo Beduino
Quasi tutti i dittatori scrivono: dal Mein Kampf al Libretto Rosso, non c’è regime che non abbia un testo di riferimento, comodo mezzo di propaganda e lettura obbligatoria per gli zelanti all’interno della nazione come per chi, all’esterno, abbia intenzione di comprendere le caratteristiche e gli ideali della dittatura in questione.
Anche Muʿammar al-Qadhdhāfī, meglio noto da noi come Gheddafi, ha voluto percorrere questa strada dando alle stampe il suo celebre Libro Verde, libro in cui molti hanno visto o voluto vedere le influenze più disparate; ma che, per la verità, pare essere soltanto frutto della fantasia autodidatta del colonnello1.
Basterà comunque dire che lo stesso Libro Verde, più che allo sviluppo di una tesi organica, somiglia a una raccolta di aforismi e di pensieri non sempre coerenti tra loro, com’è forse inevitabile data la formazione poco accademica del dittatore di Tripoli. Ma il gusto della prosa breve, a volte fulminante, molto più spesso spiazzante, Gheddafi lo riversa soprattutto in un volumetto che non ha pretese ideologiche e si limita a mettere insieme praticamente tutto quello che gli passa per la testa. Il libro cui ci riferiamo ha come titolo inglese Escape to Hell and other Stories (ed è peraltro acquistabile via internet) ed è uscito negli USA nel 1998, cinque anni dopo l’originale libico. Esso risente dunque del clima politico dei primi anni ’90 (è il caso di una noterella in cui si ringrazia ironicamente il generale Schwarzkopf, ma soprattutto si attaccano gli stati arabi per il loro utilizzo strumentale del Corano); ma si può forse dire che fornisce informazioni ben più profonde e sorprendenti.
Prendete ad esempio questa riflessione sui pericoli della città, influenzata, a occhio e croce, più dall’ascolto di certe canzoni di Celentano (d’altronde, pare che Gheddafi sia un convinto ambientalista) che da un qualsiasi testo di scienza politica.
Questa è la città: una macina che sbriciola i suoi abitanti, un incubo per i suoi costruttori. Ti costringe a cambiare il tuo aspetto e a sostituire i tuoi valori: assumi una personalità urbana, che non ha colore né sapore… La città ti costringe ad ascoltare le voci di altri che non stanno parlando con te. Sei costretto a inalare i loro respiri… Ai bambini va anche peggio che agli adulti. Si muovono di oscurità in oscurità… Le abitazioni non sono case – sono buche e grotte…Ieri un ragazzino è stato investito nella strada dove giocava. L’anno scorso una macchina troppo veloce ha colpito una bambinetta che attraversava la strada, facendola a pezzi. Hanno raccolto le sue membra nel vestito di suo madre. Un’altra bambina è stata rapita da criminali di professione. Dopo qualche giorno l’hanno liberata davanti casa sua, dopo averle sottratto un rene! Un altro ragazzino è stato infilato in uno scatolone dai ragazzi del quartiere, per gioco, ma un’auto l’ha investito accidentalmente.
Allo sfogo del vecchio beduino, comprensibilmente diffidente verso la modernità e verso le trappole di cemento, si accompagna in maniera evidente un certo gusto del macabro, che a quanto pare ritorna anche altrove: ad esempio, Gheddafi immagina nel suo libretto dal titolo wertmuelleriano “Il villaggio, la Terra, e il suicidio dell’astronauta” il ritorno a casa di un cosmonauta incapace di riadattarsi alla normalità terreste, che per questo finisce per togliersi la vita. L’opera, certamente banale, acquista tuttavia notevole originalità se si tiene conto che Gheddafi l’ha pensata come libro per bambini.
Ma non c’è solo cupezza nel mondo letterario gheddafiano; l’uomo possiede corde ben più liete, ancorché ugualmente bizzarre. Per esempio:
Buone notizie per chi ha disturbi psichici, uomo o donna che sia: è stata scoperta nella piana di Bengasi un’erba, che è ora venduta al negozio di Hajj Hasan. In un’intervista televisiva con lui che ho personalmente realizzato, seguita da più di tre milioni di persone, Hajj Hasan ha affermato che l’erba è una cura per chi ha disturbi psichici. Per quanto riguarda invece coloro che non sono ancora diventati psichicamente disturbati, su di loro Hajj Hasan non ha detto nulla…C’è anche una medicina contro i giramenti di testa. Se per qualsiasi motivo ti dovessi sentire stordito o in preda al capogiro, per esempio se ti dovessero venire le vertigini dopo esser andato alla ricerca di una maglia per tuo figlio che costa un dinaro al negozio di Stato, averla trovata in seguito nel negozio di un privato per 20 dinari, esser tornato al negozio di Stato a prendere atto che non ce n’erano più e poi di nuovo a quello privato solo per scoprire che il prezzo in cinque minuti da che te n’eri andato era già salito a 25 dinari, allora Hajj Hasan può garantirti che possiede la medicina giusta per te…
Vi giuro che non è un modo per pubblicizzare il Tagestamas e che questa roba l’ha scritta davvero lui. Si potrebbe ipotizzare che di tanto in tanto Gheddafi metta da parte l’ideale panarabo e quello panafricano e sogni piuttosto di instaurare il surrealismo in un solo paese, un po’ come fece, con successo, Enver Hoxha2. In alternativa, si può invece pensare che già una ventina di anni fa Gheddafi fosse complessivamente stanco di governare, stanco del suo ruolo di nemico e di spauracchio dell’Occidente, stanco; e che magari sognasse solo un esilio in un posto tranquillo, lontano dalle città, con una finestra sul mare e un tavolo per scrivere.
Chissà che un giorno non venga accontentato.
- Se ne può trovare un’interessante analisi su Foreign Policy. [↩]
- Pare infatti che il dittatore albanese, all’epoca della sua permanenza a Parigi, si sia avvicinato agli ambienti dei surrealisti. Il che spiega peraltro molte delle sue successive scelte politiche. [↩]
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