Die Vierte Generation
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La festa era iniziata male. In mattinata si erano verificati scontri selvaggi tra la formazione avantgarde di black metal “Bagnolo Mella Violenta” e una band rivale di metallari partenopei. Alla fine i BMV si erano dovuti arrendere. E non con la violenza, ma con la minaccia di un reading collettivo della trascrizione del commento di Roberto Saviano a Scarface rivolta loro dai cruenti militanti allogeni. La cellula di cospiratori leghisti non se la passava certamente meglio. Sebbene le 17.45 fossero già passate da un pezzo, su Radio Padania stavano parlando di raeliani ed extraterrestri. Per quaranta minuti circa l’Alpino si era dovuto sorbire l’ascoltatrice “Lia C.” che asseriva di essere la reincarnazione di Nefertiti calata nel corpo di Gianluigi Paragone.
Del Toso non c’era traccia. L’avevano visto allo stand “Respingimenti In Acque Internazionali” intento a sparare a delle latte di alluminio a forma di scafi mentre qualcuno gli versava del rum nelle orecchie. La situazione si era fatta di ora in ora più tesa. Focolai di protesta e malumore scoppiavano pressoché ovunque. I militanti leghisti erano infuriati, scoraggiati, delusi e si stavano aggredendo fisicamente tra di loro. Filo-berlusconiani sempre più in minoranza contro anti-berlusconiani-bava-alla-bocca, maroniani contro tremontiani, autonomisti contro indipendentisti, risieristi di San Sabba contro pogromisti. La diversità antropologica rivendicata così orgogliosamente in passato era svanita per sempre. L’unico che apparentemente si trovava bene in questa sagra a metà strada tra una copertina di Cronaca Vera, la rovinosa fine di un progetto e un’ordinaria giornata a casa Pacciani era il Sindaco, che continuava ad accendere fiammiferi sui capezzoli di compiacenti e sformate cinquantenni.
Ma a parte lui, il resto di questo grumo di umanità verdastra portava i segni dagli ultimi, convulsi anni in cui lo Spirito Padano era stato stuprato innumerevoli volte nei cinici vicoli romani della realpolitik – e non senza una certa compartecipazione – e la carcassa esamine bruciata con il lanciafiamme di un giulivo e sovraeccitato Calderoli, come un inutile scatolone di leggi obsolete. Ed era sempre più agevole scorgere questo ciclo politico più che ventennale rocciosamente abbarbicato sull’Everest del Fallimento.
Il Francese era rotolato verso l’Alpino comunicandogli la ferale notizia: Bossi non sarebbe venuto. Improrogabili impegni istituzionali. Il loro piano era ormai completamente sfumato. Kaputt. Rimaneva il problema Scilipoti. Sarebbe planato di li a poco sul palco, eiettato dal guardiano del circo corrotto con l’archivio completo de La Padania e l’ambigua prospettiva di uno nottata di passione con la vulcanica Rosy Mauro. E se fosse sopravvissuto al lancio? Avrebbe parlato. Strepitato. Avrebbe denunciato il complotto ai danni del capo e, soprattutto, continuato a parlare di agopuntura e medicina olistica interpellando i più sublimi ciarlatani in materia. Erano spacciati.
L’Alpino doveva fuggire al più presto dall’Italia. Ma dove? Giappone? Bolivia? Veneto? Corse disperatamente verso il parcheggio. Mentre stava armeggiando con le chiavi per aprire la portiera della sua Jeep vide Scilipoti con il suo strascico d’organza solcare il cielo. Quasi contestualmente si materializzò il Toso. Aveva in mano un tampax imbevuto di vodka ed era diretto verso i campi. “Il mondo come realtà e Vicenza”, gli aveva detto facendo l’occhiolino. Le scimmie lo stavano aspettando.
(Pubblicato anche su Bile n.1. Illustrazione di Perrotta + Ste)
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