Cose Divertenti Che Renzi Farà Ancora
E’ il 1993. Matteo Renzi, diciottenne, sta girando la ruota da Mike Bongiorno, sta cercando di dare la soluzione da solo. Alla Shopville di Casalecchio di Reno, un centro commerciale del bolognese, Silvio Berlusconi ammette che sì, fosse romano voterebbe Fini.
Cosa c’è di ineludibile, e cosa no, nell’incontro tra i due. Renzi giunge presso la residenza di Arcore per discutere di alcune promesse fattegli dal Cavaliere su Firenze nel 2008 e nel 2009. Dice di sperare nella promessa, che non diventi auspicio, semplicemente proclama: lo raggiunge a casa, due pragmatici e un po’ cafoni, qualche tela di pessimo gusto e tappezzeria scura. L’incontro avviene in gran segreto: non una parola, in quelle ore, filtra dagli ambienti presidenziali. Meno di un fiato da palazzo Vecchio: l’uomo, conscio della bravata, sa. E passeggia silenzioso, al ritorno. Attaccato ai muri. Poi arrivano i giornali.
Segue scenario frutto esclusivo dei ragionamenti personali di chi vi scrive, in coda una serie di valutazioni che si dovrebbero tenere insieme.
A Matteo piace la politica, la faceva papà ma non è che, insomma, ecco. Piace, ma più ancora il tavolo. Il tavolo dietro il quale sedersi, per raccontare la propria idea d’Italia, la propria idea di zuppa alla santé, la propria idea di cavallo. L’italia ha bisogno di rinnovamento, la zuppa alla santé di polpette. Il cavallo, meglio se ferrato.
Matteo, il tavolo, lo ricicla dall’arredamento della sua prima passione. La sua professione: il marketing. E’ lì che ha imparato a chiamarlo desk, dietro di esso pensava a come raccontare – da dietro a un tavolo che facesse da plancia – la propria idea di Italia, di zuppa alla santé, di cavallo.
Matteo è pratico, stira e ammira le mosse di SB, ne traccia le traiettorie, unisce i punti, ne emula la scia: eccolo. Lo spazio libero. E’ quello che serve. SB ne trova uno, immenso, a destra. Per auto consunzione, a Matteo gli si presenta una pampa, terriccio molle e cadaveri dilaniati nel fango. E’ la sinistra. Matteo traduce il suo desk, lo ricostruisce a sinistra, continuando a immaginarci l’Italia, la zuppa e il cavallo, allo stesso modo.
Ora: SB e Matteo si vedono, a casa del primo. SB vede in Matteo un collega, col favore degli anni. Non parlano d’Italia, né di zuppa né di cavalli: s’intendono, faccioni e braccia che si muovono: il resto serve per gli altri. Ascendente, potenziale concorrente, SB lo studia da giorni, poi lo brucia invitandolo e lo serve alla polemica interna alla sinistra, tributandogli parole di elogio. Diamoci del tu, sei uguale a me. La stima dei Capezzone, a cadavere caldo, ne è il suggello. Libero e Repubblica riportano, intanto. E lo sfiatatoio sfiata, a destra e a sinistra, appunto.
Matteo, da adesso convenzionalmente Matteo Renzi – uscendo dall’ipotesi personale – si difende ritenendo di fare il bene della propria città. Bizzarro, ragionando su come possa, un premier sul quale pende la prossima sfiducia della Camera, garantire alcunché ad un sindaco. Il presidente del Consiglio, peraltro, uno così. E a casa propria. Poi dice che sì, io vado da lui, ma ippiddì voleva fare il governo con Fini. Ipotesi doppiamente bislacca, dal momento che il governo, con Fini, non lo farebbero né ippiddì né Fini. E che comunque non andrebbero a giurare sulla Costituzione, di soppiatto, a casa Tulliani. Ma d’accordo.
Adesso, è arrivato lo schieramento di quelli che piacciono, col cuore insanguinato della madonna in mano: Embè? Grande R. Che poi anche Bersani, l’aveva giurato. Mani aperte e coro gospel, insieme: a quelli che piacciono – e Renzi piace a quelli che piacciono – bisogna suggerire nell’orecchio un certo gusto per l’iperbole, del tipo dichiararsi anche (enfasi: “anche”) disposto ad andare a piedi (e qui si immaginino un “persino”) ad Arcore pur di parlare dei problemi del Paese (“del”, non “un”, e con la “P”). Questa la frase. Sia detto senza voler difendere Bersani, peraltro capacissimo di pedalare nel non senso statico senza mani.
Piace, Renzi? No. Sì, dicevo, a quelli che piacciono. Parla d’Italia nuova, di zuppe e polpette, di cavalli zoccolanti. Con Renzi, però, è diverso. Quelli a cui piacciono quelli che piacciono non concordano: a loro Renzi sta sul culo, nonostante l’endorsement di quelli che piacciono. Insubordinazione, eterodossia. Piace proprio a pochi. Perché quelli che piacciono dimenticano di avere un’audience di sinistra – e solo l’audience, progressista o radicale che sia –, e che un rappresentante della sinistra, a casa Berlusconi a parlare di fica e Allegri, o di leggi speciali per la municipalità di Firenze, non ce lo vorrebbero vedere. Perché non è normale. Senza chiedere troppo: dimenticare l’incubo, rotolare dalla collina. E avere aspirazioni di sinistra, se è lecito. Una certa Italia, una zuppa diversa, un cavallo che corra.
Quindi niente: non piace, non tira, resta sul cazzo. Se non a quelli che, e questo Renzi lo sa. Lo sa, il manager, che alla stazione Leopolda si accompagna con Civati. Lui sì, di gradimento tra quelli e i proseliti. E’ l’uomo marketing che si regge sulla spalla ideologica altrui – partito o coetaneo dal cuore e il faccino tenero – per camminare su una strada che in realtà conosce poco, della quale non gli importa. E con le gambine sue, quelle del marketing: la via della politica.
Problema, però: la politica si schiera, nel mercato. La offri, se la offri, prodotta e assimilabile, e per farla funzionare con la chiave del mercato ha bisogno di una coerenza di base e un’analisi sulla battuta di caccia da depredare, il target. Berlusconi l’ha dichiarata alla cassa centrale, nel ’93, e dice molto. A lui la traccia Civati – deve farlo lui -, la disegnano i blogger che piacciono. Col risultato che il lupo l’ha stanato, l’ha voluto da solo, e senza la stampella – che infatti lo critica – non è tornato a casa. Leggi dell’evoluzione genetica.
Adesso, domando scusa. Dovrei vedermi con Latorre, Velardi e Rondolino. C’è dell’intelligenza col nemico sul tavolo, e le banconote ce le ho già arrotolate.
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Drop the Hate / Commenti (4)
#2
John Blacksad
Su Matteo Renzi in visita ad Arcore (e Latorre!)
segnalo questa lettera con succose allusioni
che meriterebbero di essere sviluppate
(se si saltano le prime righe di autoincensamento:
leggendo capirete cosa intendo)
http://www.grandeoriente-democratico.com/lettera_aperta_n2_al_Fratello_Silvio_Berlusconi.html
preso da
http://piemonte.indymedia.org/article/10969
#3
Cercando di problematizzare Matteo Renzi | The Denial
[…] mio problema, il primo, è che non ho un problema con Renzi. E me ne dolgo. So – intendo, ma ne ho già scritto – che si tratta di operazioni-contenitore, di comunicazione d’ottimo livello e […]
#4
Cercando di problematizzare Matteo Renzi « The Denial
[…] mio problema, il primo, è che non ho un problema con Renzi. E me ne dolgo. So – intendo, ma ne ho già scritto – che si tratta di operazioni-contenitore, di comunicazione d’ottimo livello e […]
#1
Qualcuno ha detto Renzi? | L'89
[…] E su Renzi ebbasta: scenari dalemienne e alcune valutazioni che si dovrebbero tenere insieme. Qui, su LaPrivataRepubblica (come da “Gente che si relinka”). […]