Considera Lo Stracquadanio

Pubblicato da Blicero il 19.11.2010

Scoccano a velocità sempre più crescente le lancette della Resa Dei Conti Finale, sullo sfondo della lenta e costante erosione del monolite del potere del Caro Leader. Ipotesi di transizioni morbide, crisi pilotate, luogotenenti e gerarchi che arrotano i coltelli per la battaglia finale e si dicono disposti a diventare killer per Lui, o magari a bruciare il Reichstag, ufficiali delle Schutzstaffel sezione “Il Giornale” che rispolverano Salò e accusano scrittori antimafiosi di essere mafiosi, raccogliendo anche firme contro di loro – una campagna di stampa decisamente coraggiosa e anticonvenzionale. Nella Berlino del 1938.

Se l’attuale crisi di governo fosse la tribù degli Warramunga dell’Australia centrale, le cose andrebbero esattamente come riportate da Elias Canetti in “Massa e Potere”:

Ancora prima che il sofferente abbia tratto l’ultimo respiro, cominciano i lamenti e le ferite deliberatamente auto-inflitte. Non appena si sa che la fine è vicina, tutti gli uomini si radunano in fretta sul posto. Alcune delle donne che sono convenute da tutte le direzioni giaccono prostate sul corpo dell’agonizzante, mentre altre lo circondano in piedi, in ginocchio, colpendosi il capo con le punte aguzze dei bastoni funerari: il sangue scorre sui loro volti, mentre esse emettono un ininterrotto gemito lamentoso. Molti degli uomini che sono accorsi si gettano alla rinfusa sulle giacenti; le donne si sollevano e lasciano loro posto finché si vede solo più una massa di corpi nudi che lottano. D’un tratto, con un grido lacerante, si fa avanti un uomo che brandisce un coltello di pietra. Non appena ha raggiunto il posto in cui giace il morente, egli con il coltello si infligge subitaneamente dei tagli nei muscoli delle gambe, in modo da non potersi più reggere in piedi, e cade sulla massa di corpi che lottano. […] A poco a poco la massa oscura di corpi si districa, e permette di vedere il disgraziato agonizzante […]. Se già prima era malato, ora – quando i suoi amici si sollevano da lui – è molto peggiorato; è chiaro che non gli resta più molto da vivere. Il pianto e i lamenti continuano. Il sole cala, l’oscurità scende sul giaciglio del moribondo. In quella stessa sera l’uomo muore. Allora il gemito lamentoso si gonfia, più sonoro. Uomini e donne, come se delirassero per il dolore, si abbattono a terra qua e là e si feriscono con i coltelli e con i bastoni appuntiti, mentre le donne con le mazze si colpiscono sulla testa e nessuno cerca di evitare i tagli o i colpi.

L’uomo che si taglia i muscoli delle gambe davanti all’agonizzante sarebbe sicuramente Giorgio Clelio Stracquadanio. Chi altri? Bondi è in irreversibile declino, Cicchitto e Bonaiuti stanno raggiungendo il limite dei 4 anni di vita e verranno presto ritirati dal mercato1, Capezzone è ancora provato dagli effetti dell’aggressione al Pugno di qualche tempo fa, mentre gli altri pasdaran stanno già sciogliendo le cime delle scialuppe di salvataggio…Quando si scriveranno trattati su cosa è stato e cos’è il berlusconismo, gli studiosi dovranno prendere come modello supremo e più riuscito non Berlusconi, ma Stracquadanio – la perfetta incarnazione e protesi di questa “cultura”, nel senso etimologico di “porre innanzi”, scudo umanoide di tutte le cose più ripugnanti che sono state fatte in questi anni e il cui eco rotolerà ancora negli anni a venire, ingrossandosi sempre di più sino a diventare una valanga enorme quanto il culo di Rihanna, Seedorf e J. Lopez fusi insieme in un esperimento borderline del Cern.

Attivista radicale negli anni ’80, Giorgio Clelio approda in Senato nel 2006 e alla Camera nel 2008, passando per una luminosa carriera giornalistica su Il Tempo, Libero e la fondazione del fondamentale quotidiano online Il Predellino, nel 2009. Tra i suoi maggiori capolavori letterari si segnalano i best-seller Tutte le balle su Berlusconi, Perché la sinistra non ha vinto, Le mani rosse sull’Italia e il devastante trittico prodiano à-la-Agota Kristof I peccati di Prodi, Un bel sì per mandare a casa Prodi, I primi cento giorni di Prodi.

Nel fatato mondo degli Stracquadanii non c’è spazio per il dubbio. Tutto è chiaro e illuminato dalla radiosa luce del Grande Tycoon. L’adesione al Kavalierprinzip è totale, non ammette sbavature, né ripensamenti: “Un partito dev’essere monolitico per definizione. Se uno non è d’accordo con Berlusconi se ne va”. Le leggi ad personam? “Noi siamo a favore delle leggi ad personam. Sono serissimo. Non servono a difendere il cittadino Berlusconi, ma il suo ruolo politico, scelto dagli elettori”. L’editto Bulgaro? “Non l’ho condiviso. La lista doveva essere più lunga”. Il trattamento Boffo? Estendibile a tutti quelli che osano rompere i coglioni al Padrone. Pompare verghe per ottenere un seggio? Nessun problema, anzi, ben venga l’offerta del proprio corpo.

È tutto così semplice e cristallino che qualche giorno fa, quando perfino il Capo l’ha ripreso per aver rimproverato troppo energicamente alcuni ministri a suo dire troppo blandi nel massacrare i dissidenti e giurare nuovamente eterna fedeltà all’Unione delle Aziende Berlusconiane, non è difficile immaginare che Stracquadanio, che aveva subito offerto la sua testa e le sue dimissioni, si sia ritirato in camera sua a piangere a dirotto, stringendo al petto l’action figure del Berlusconi ’77 con tanto di pistola, mentre nel salotto si stava aprendo un’enorme voragine, un buco nero attraverso il quale si poteva chiaramente scorgere quello che potrebbe essere il suo futuro – un futuro senza qualcuno a cui sottomettersi totalmente per sopperire alla propria sconvolgente pochezza, una distopia priva di una devozione così imbarazzante ed umiliante da far passare Berija e gli apparatčik stalianiani più ferventi dei pericolosi sovversivi.

Uno scenario che probabilmente lo vedrebbe in uno squallido scantinato in periferia di Roma, magari nel 2019, ad impero finito, inchiodato su una sedia a rotelle2, gli occhiali appannati dalla condensa e dall’umidità e dalla muffa, con una mano a muoversi compulsivamente, incontrollabile, che si stende ed esplode finalmente in un liberatorio saluto romano represso per troppo tempo, ed infine il grido disperato, fortissimo, lancinante: “Mein Führer! Io cammino!”

Ma in realtà si tratta solamente del richiamo per la badante ucraina irregolare: bisogna cambiare il pannolone sporco.

  1. Come i replicanti di Blade Runner. L’unica speranza per loro è quella di chiedere più vita a Tyrell-Berlusconi, salvo poi liberarsi di lui e spegnersi dignitosamente sul cornicione di un palazzo di Roma. In diretta sul Tg1. []
  2. I tagli sui muscoli delle gambe dei Warramunga… []

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