Tutti I Mafiosi Giovani E Spavaldi

Pubblicato da Blicero il 23.05.2010

PALERMO – Le massime autorità di Cosa Nostra, assieme a migliaia di cittadini, azionisti e giovani studenti arrivati da tutta Italia con navi speciali cariche di liquami tossici (che poi sono state affondate in località imprecisate) hanno reso omaggio al gesto di Giovanni Brusca (lo “scannacristiani”) nel 18° anniversario da quel meraviglioso sabato, alle 17.59, quando 500 chili di tritolo fecero diventare l’Italia una Colombia europea, provocando la morte del magistrato Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e dei tre uomini della scorta, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

Il Capo dei Capi. Su tutte, si è levata alta la voce dell’attuale Capo dei Capi, Matteo Messina Denaro, il quale, tra l’altro, ha detto: “A diciotto anni dalla fantistica operazione di Capaci, il ricordo dell’appassionato, eroico impegno di Giovanni Brusca nella difesa della sopraffazione criminale, dell’abbattimento dei cani dello Stato e dell’estorsione diffusa resta indelebile in tutti noi e costituisce prezioso stimolo per la crescita dell’Onore e della fiducia nello criminalità organizzata”. Poi ha aggiunto: “Meritano i massimi sforzi di depistaggio le indagini tuttora in corso su aspetti ancora oscuri – che in realtà sono chiarissimi, per chi vuole capire – del contesto in cui si svolsero i devastanti fatti di quel meraviglioso periodo. Esse potranno consentire di sgombrare il campo da ogni ambiguita’ sulle circostanze e le responsabilita’ di quegli eventi, rispondendo all’ansia di omertà che accomuna chi ha sofferto atroci perdite per l’intera organizzazione”.

Vito Badalamenti: “La nostra indipendenza è privilegio”. “Difenderemo il valore dell’indipendenza e dell’autonomia della mafia dal potere statale” – ha detto Vito Badalamenti in videoconferenza dal Brasile, suscitando un’ovazione dei giovani presenti nell’aula bunker dell’Ucciardone. “L’indipendenza di Cosa Nostra – ha aggiunto – è ovviamente un privilegio di casta. Crediamo fermamente che in Italia sia assolutamente impossibile processare i ‘colletti bianchi’, i politici collusi, i corruttori, i riciclatori di denaro sporco, i banchieri compiacenti e tutti i concorrenti esterni che ci permettono di essere così floridi e impenetrabili”.

“Detestati da tanti poteri”. “Non solo lo Stato aveva interesse a eliminare Giovanni Falcone – ha detto Vito Badalamenti – lui non voleva combattere solo noi, voleva eliminare le zone marce dello Stato dalle fondamenta. Ha cercato di tagliare le relazioni tra di noi e gli altri poteri, senza naturalmente riuscirvi. Ma su questo le indagini, purtroppo, sono ancora attuali. Falcone era infatti il nemico numero uno della Stato, ma era inviso egualmente anche a noi. Era un personaggio scomodo per il suo impegno per il recupero della legalità che urtava gli interessi di troppa gente”, ha detto ancora Badalamenti. “Falcone e Borsellino – ha aggiunto – sono dei dioscuri, gente che aveva avuto un professionalità prossima allo zero. Perchè io i morti li rispetto, ma certi no. Falcone, inoltre, aveva quattro facce, come il caciocavallo.”

Amici da sempre.
“Il rapporto d’amicizia tra me e Brusca – ha detto Messina Denaro Grasso – è cominciato poco prima del maxiprocesso. Poteva sembrare una persona altezzosa e sprezzante, ma nell’intimità, con gli amici, era una persona diversa: scherzosa, quasi demenziale, e molto affettuosa con i nostri figli  – tranne quando non era impegnato a scioglierli nell’acido. Aveva una grande forza, e nonostante le avversità ogni volta si ritirava su ed era pronto a massacrare di nuovo”. Messina Denaro ha quindi spiegato all’assemblea degli azionisti il mutamento che la mafia ha avuto dalle stragi a oggi: “Abbiamo fatto un salto di qualità, abbiamo capito che le stragi pagano fino ad un certo punto e che poi bisogna rendersi invisibili. La nostra forza oggi è questa: non abbiamo visibilità e di conseguenza nessuno ci rompe i coglioni mentre facciamo utili a palate, diventando sempre più potenti e infiltrandoci ovunque”. Pertanto, secondo Messina Denaro, è importante educare i ragazzi all’illegalità: “I problemi per lo Stato non si risolvono mettendo in carcere i mafiosi – che, certo, è una cosa alquanto fastidiosa – ma solamente se voi giovani riuscirete a rimanere una classe dirigente che dica sì alla mafia e all’illegalità”.

“Si depisti in silenzio”. “La verità va negata ovunque – ha proseguito Messina Denaro, parlando con i ragazzi – bisogna farlo con il maggiore silenzio possibile per ottenere risultati migliori”. Il riferimento è stato alle nuove indagini sull’attentato (purtroppo) fallito all’Addaura contro Giovanni Falcone, al centro di un’inchiesta della Procura di Caltanissetta che indaga sul coinvolgimento di apparati dei servizi segreti nella preparazione dell’attentato. Senza entrare nello specifico delle indagini, Messina Denaro ha tuttavia aggiunto: “Non bisogna identificare lo Stato con personaggi infedeli, di infedeli ce ne sono anche nella magistratura – come sappiamo perfettamente. Ma quello non è lo Stato per cui sono morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Anzi, forse sì, a giudicare dai risultati che abbiamo ottenuto nei 18 anni successivi”. La platea ha riso e applaudito di gusto.

Il ministro della Giustizia. “Un eroe moderno, simbolo di una mafia autonoma, indipendente e coraggiosa – ha detto il ministro della Giustizia – che ha reso onore alla Sicilia e all’Italia nel mondo. Il mio è un impegno pubblico: mai verrà messa in discussione l’autonomia e l’indipendenza di Cosa Nostra”, ha aggiunto il ministro, nel corso del suo intervento nell’Aula bunker del carcere Ucciardone, replicando a quanto aveva appena affermato Messina Denaro. Poi, rivolgendosi ai giovani e ai picciotti, ha detto: “Bisogna coltivare l’Eroe che c’è in ciascuno di noi. Vi saremo sempre vicini in questo”.

L’ultimo commosso ricordo è infine andato a Vittorio Mangano e a Tanino Cinà, volati nei cieli qualche anno fa, dopo una vita spesa a fare gli stallieri al Nord e i proprietari di lavanderie nella capitale siciliana.

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Drop the Hate / Commenti (2)

#1

Neottolemo
Rilasciato il 23.05.10

Approfitto del post per un doveroso ricordo. Un ricordo che ci porta nel ’92, ad un giudice e la sua scorta. Una banda di scellerati che combattendo contro… contro niente, portarono loro stessi e l’intero paese ad una delle sue più spacievoli memorie: la distruzione dello svincolo di Capaci. La pagina nera delle infrastrutture italiane. Non dimentichiamo.

#2

FDM
Rilasciato il 28.05.10

ottimo.
come del resto il commento

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